lunedì 21 dicembre 2015

Parola d'ordine

Mi sono chiesta molto spesso in questi giorni, scrivendo i post del calendario dell’Avvento, se ci sia una parola che possa riassumere lo spirito del Natale 2015, ma non ero ancora decisa fino a ieri. Non che abbia avuto un’illuminazione, non sono il tipo che riesca a beneficiare di tali privilegi. Il fatto è che il mio post del 18 dicembre ha innescato una piccola ma proficua discussione familiare; del resto lo sapevo che parlare dell’uso di facebook e affini avrebbe toccato corde sensibili.
I punti fondamentali di questo confronto non del tutto civile sono stati quelli che riguardavano il terrorismo e l’Isis. Si può scherzare sui social su questi terribili argomenti? Non si rischia di offendere qualcuno che ha sofferto?
Sì, naturalmente, ma il rischio di offendere qualcuno è purtroppo sempre in agguato. Il sarcasmo, l’ironia non sempre vengono compresi da chi ci ascolta e tantomeno da chi ci legge, che non può sentire il tono di voce o vedere la nostra espressione.
Che fare, dunque? Non credo che evitare ogni argomento passibile di equivoci sia la soluzione, come non lo è il disinteresse verso le emozioni altrui.
Da qui la mia decisione sulla parola del Natale 2015, che è caduta su “sobrietà”. Non nel senso di “serietà”, che vieta il sorriso, la risata condivisa anche su temi seri e duri, ma nel senso di “misura”, di “moderazione”.
Si può sghignazzare sui terroristi? No: lo sghignazzo implica troppo spesso il disprezzo. Ma si può ridere, tentare proprio con quell’arma di vincere uno scontro che altrimenti  possiamo soltanto perdere. Si può cercare di coinvolgere tutti nella nostra risata, soprattutto chi ha sofferto e ha bisogno di cercare un motivo per sorridere di nuovo. E la chiave è quello di farlo con sobrietà. 

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