venerdì 30 novembre 2012

Una ragazzata


Può capitare che una classe si affezioni ad un suo insegnante; può capitare che, al di là di quel che sembra un obbligo, i ragazzi stessi decidano di acquistare un regalo per quell’insegnante; può capitare che, senza conoscere i romanzi di Collodi, senza aver mai visto il meraviglioso professor Keating dell’ “Attimo fuggente”, quei compagni di classe sentano il piacere che un bel rapporto professore-allievo lascia nel tempo. Ed ecco allora il passa-parola, il piacevole tramare di un gruppo di amici che, durante gli intervalli, organizzano una piccola colletta; che durante i brevi pomeriggi corrono su facebook non per condividere post ridicoli o faccine sorridenti, ma per scambiare idee, per carpire i gusti di chi ha saputo catturare la stima e l’affetto di tutta la classe.
Capirete allora che l’attesa del giorno fatidico, il compleanno dell’insegnante, verrà vissuta con l’ansia e l’emozione di un momento importante, di un evento comune di cui si ricorderanno per gli anni a venire.
Ecco, è giunto. La classe, complice la professoressa dell’ora precedente, si nasconde sotto i banchi; l’insegnante entra nella classe deserta, legge la scritta sulla lavagna “Buon compleanno prof!”, ma non ha tempo di commuoversi perché i ragazzi saltano fuori dai loro nascondigli urlando.  Chiasso, confusione, ma, per una volta, non c’è voglia di note sul registro, non si pensa ad un rimprovero. Una torta troneggia sulla cattedra e il tanto cercato regalo sguscia dalle mani per essere finalmente rivelato.
Non basta ancora: l’insegnante sa di non essere un’esclusiva di quella classe e, insieme alla collega più affiatata, decide di coinvolgere i più piccoli tra i suoi allievi in quella festa estemporanea. Si avviano tutti insieme, alunni e professori, portando in parata la torta, nella classe Prima. Il tempo di un applauso ed ecco il branco che torna nella propria aula, con l’acquolina in bocca.
Ma la cattedra è vuota, l’insegnante si guarda attorno in cerca di qualcosa: - Dov’è il pacchetto? Lo avevo lasciato là. –
Teste che ruotano, sguardi che esplorano ovunque: niente da fare, il regalo è sparito, l’oggetto prezioso, scelto con tanta cura, è svanito.
Sono bastati pochi minuti perché una mano abile e una mente non più innocente abbiano potuto agire. Uno scherzo, cupidigia precoce o solamente la mancata distinzione tra ciò che è bene e ciò che è male? Non si sa cosa abbia spinto il ragazzino o i ragazzini a rubare quell’oggetto.  Quel che è certo è che l’amarezza abbia sostituito in un attimo tutta la felicità, e la sensazione che serpeggia adesso tra i ragazzi ammutoliti è quella di aver fatto qualcosa di sbagliato: aver avuto fiducia nel prossimo.
Un piccolo furto, un gesto che spesso viene liquidato come una semplice “ragazzata”, ha causato danni minimi in termini di denaro, ma giganteschi per la formazione di quei giovani: il doversi guardare da chi ci sta accanto è il primo passo verso l'egoismo.
Sarà ancora il nostro professor Keating a trasformare tutto ciò in un esempio di vita.


 

giovedì 29 novembre 2012

Garth Stein, Cose da grandi, PIEMME


La vita di Evan è basata su pochi punti fermi: la chitarra, il suo gruppo rock, qualche amico e nessuna relazione sentimentale. Ad alterare questa linearità, questa monotonia costruita con tanta costanza, ci sono elementi di forte disturbo: in primo luogo l’epilessia, la malattia vergognosa che i suoi genitori perfetti, rispettati ed ammirati in tutta Seattle, gli hanno insegnato a nascondere. Poi il meraviglioso fratello, con la sua bella famiglia, il suo stimabile lavoro, la bella casa.
Evan cerca di ignorare questi intoppi, di vivere alla giornata, attaccandosi alle gioie del momento: i concerti, le prove in sala di registrazione, qualche cibo esotico. Meglio non imporsi troppe regole, lasciare che la vita scorra, libera da progetti e pianificazioni.
Peccato che la vita non sia della stessa idea e che, in un torrido giorno d’estate, Evan debba assistere al funerale di Tracy, la madre di suo figlio Dean. Non lo vede da quattordici anni, da quando era un urlante neonato nella nursery dell’ospedale. Poi Tracy è sparita, semplicemente, lasciando una casa deserta e vuota e lui non ha più avuto sue notizie fino ad oggi, quando riceve una telefonata: un camion l’ha travolta e uccisa.  
Ora suo figlio è lì con lui, gli stringe la mano e non lo respinge; Evan vuole conoscerlo, passare un po’ di tempo con quel ragazzo sconosciuto. Non troppo, qualche giorno a girovagare per centri commerciali e luna park, ad ascoltare concerti e suonare nella casa di registrazione del suo gruppo. A fare le stesse cose di sempre, insomma, come due amici che vogliono divertirsi. Del resto lui non è in grado di badare ad un figlio, a malapena riesce ad essere autosufficiente, a non ammazzarsi in auto in preda alle convulsioni. Non è questo che gli ripete sempre sua madre, offrendogli un aiuto che Evan non desidera? Non è questo che gli ha insegnato Tracy allevandosi da sola il bambino?
Come può pensare di fare il padre quando è ancora un bambino egli stesso, che si autocommisera ripensando in continuazione alle sue sventure passate e si crogiola nel rancore? Anche Mica, la meravigliosa ragazza che sembra attratta da lui, ha tutta l’autorevolezza di una madre e Evan vede in lei la possibilità di un futuro, quindi un ennesimo intoppo.
“Cose da grandi” è un romanzo scorrevole, che analizza con semplicità un rapporto tra uomini che, al contrario di quanto afferma l’autore, non sono “geneticamente progettati per non parlare di poesia” e di sentimenti.

 

domenica 25 novembre 2012

Claudio Rolando

Prima serata di presentazione del libro "Serge il sorcio", 23/11/2012

Alle nove di sera di venerdì 23 novembre, le sedie sono tutte occupate, nella sala della biblioteca di Giaveno, e, man mano che l’ora d’inizio si avvicina, altre devono essere aggiunte nel corridoio di passaggio e, comunque, qualcuno alla fine rimarrà in piedi.
Questo è l’effetto che fa il nome di Claudio Rolando nell’ambiente culturale della città.
Ex direttore del Parco dei Laghi di Avigliana, insegnante, biologo e scrittore, la sua presenza attira molti affezionati lettori, e il suo nome nel cartellone di una serata è garanzia di tutto-esaurito.
Dopo molti saggi naturalistici e libri fotografici, la vena di Rolando, ha deviato verso la produzione narrativa: all’inizio racconti a sfondo storico o comunque locale; poi, con “L’altra parte del mondo” ha affrontato un tema autobiografico, narrando di un viaggio compiuto in Australia con la figlia adolescente. Ma è con questa sua ultima opera, “Serge il sorcio” (NEOS edizioni) , che Rolando apre le porte al romanzo.
- Avevo in mente la trama fin da quando mi sono trovato in una stazione del metrò di Parigi ad osservare le evoluzioni di un topolino nella massicciata dei binari - spiega l’autore al suo pubblico. Una semplice idea, pian piano cresciuta durante i suoi momenti prediletti di flaneur per le vie di Parigi.
- Come se fosse un segno, un giorno ho visto un altro topolino sotto il piancito del dehors di un bistrot: doveva essere lui il mio protagonista. E dire che io detesto i topi! - e il pubblico attento ride.
- Certo, si ride anche in questo romanzo – spiega Silvia Ramasso, responsabile della NEOS edizioni, - e si viene catturati dalla trama, che ha del noir, del poliziesco, ma senza violenza. C’è fin troppa violenza in questo mondo, non credete? –
Ma anche angoscia, apatia, e il protagonista “umano” del libro, Leo Delfos, ne è vittima. Trascina le sue giornate senza sentimenti, finché non incontra un nuovo amico.
- Molti animali sono in grado di comunicare con gli umani – dice il nostro autore, qui con  la voce del naturalista. – Riescono a capire parole e stati d’animo; io ho spinto un po’ avanti questo tipo di comunicazione, sfruttando il clima positivista degli anni in cui è ambientato il romanzo. Nel 1957 c’era infatti una grande fiducia nella scienza, che stava dando enormi risultati, e si pensava che il progresso non potesse mai aver fine. –
Un progresso legato inevitabilmente , nel nostro immaginario di lettori, alla guerra fredda e allo spionaggio: ingredienti accattivanti e appetitosi.
- La scrittura, però, non è divertimento, o almeno non solo. Ogni giorno bisogna scrivere e riscrivere e, alla fine, rileggere le bozze e cambiare, aggiungere, sfrondare – Claudio Rolando toglie l’alone romantico all’immagine dello scrittore. – Ci sono giorni in cui non c’è modo di trovare una frase, anche stando al computer per ore; poi arriva un’idea, ma bisogna dominarla, costringerla ad adattarsi alla pagina. E’ un grosso impegno, sebbene affascinante. –
Il pubblico applaude e si avvicina, con il libro in mano: è il momento più bello di una presentazione, l’incontro a tu per tu con lo scrittore, le parole che lui metterà nella prima pagina della nostra copia, facendone un pezzo unico, da conservare con affetto.

 

 

 

 

giovedì 8 novembre 2012

Novembre


Novembre, il mese opaco; trenta giorni che sembrano i più lunghi dell’anno.
E’ inverno, ma senza il Natale; è freddo, ma senza la neve. Il buio scende nel pomeriggio, quando ancora ci sembra di avere tutta la giornata davanti; la pioggia attraversa gli strati di lana che abbiamo scovato, frugando a malincuore tra gli abiti di cotone e le magliette estive, ormai accantonate. Le foglie tentennano sui rami degli alberi, incapaci di scegliere e, nell’attesa, il loro colore sbiadisce lentamente ai raggi del sole al tramonto.
Il primo giorno di novembre è il più triste: vaghiamo tra le tombe grigie, scricchiolando ghiaia con le nostre scarpe eleganti; sentiamo gli spifferi gelidi sotto le falde del giubbotto leggero, ma ancor di più odiamo il sole luminoso che non scalda e svanisce presto, troppo presto.
Eppure solo novembre, con la sua vaghezza, la sua indeterminazione, ci stupisce con i mattini più splendenti di rossi e gialli, ci sorprende alla sera con una nevicata leggera e magica. Negli orti le piante appassiscono e si accartocciano, ma i cavoli esultano con le loro foglie grasse, gonfiandosi in una corona dal cuore sostanzioso. Le castagne sono ottime con il vino rosso e il miele, la zucca ammicca col ghigno fasullo della festa importata di Halloween e si lascia cucinare in cento modi succulenti. Gli amici entrano volentieri nella nostra cucina calda e odorosa di biscotti, avvicinando le mani al fuoco di legna e la vicinanza è già una festa.
E con la scusa del buio, la giornata lavorativa sembra più breve e, prima di sederci a tavola, in attesa che la pasta sia cotta, o il pasticcio ben caldo nel forno, ci sediamo in poltrona a leggere un bel romanzo: tanto è già sera. 

 

 

lunedì 5 novembre 2012

Sarah Rayner, Un attimo, un mattino, Guanda


Il sette e quarantaquattro per Victoria Station è partito in orario; a bordo i soliti passeggeri annoiati, sonnecchianti o intenti a lasciar scorrere il panorama oltre i vetri, per poter pensare alla giornata lavorativa che sta cominciando.
Lou osserva gli altri passeggeri: le piace immaginarsi le loro vite, i diversi caratteri: del resto è il suo mestiere, la psicologia.
Anna, poche carrozze più avanti, sta sfogliando serenamente una rivista di moda; per lei, copywriter impegnata, la mattina è piacevole dedicarsi al gossip e agli abiti appena comparsi nelle vetrine.
Poi, all’improvviso, il mondo si ferma: l’uomo di fronte a Lou, così affettuoso con la moglie seduta al suo fianco, si accascia all’improvviso. E tutto cambia per sempre.
Assistiamo con angoscia ai primi, inutili, soccorsi a quell’uomo, con lo sguardo ansioso ma distaccato di Lou. Ci allontaniamo con un po’ di apprensione dalla scena, per poi ritrovarci immersi nella sua storia, nella sua stessa vita ormai al termine. Con le regole assurde dei giochi del destino, Lou conosce Anna, prima ancora di sapere che è la migliore amica della donna che ha appena perso il marito in modo così inaspettato.
I minuti seguenti, le ore, i giorni delle tre donne si legheranno in modo imprevedibile; gli avvenimenti dolorosi che le coinvolgeranno le porteranno a conoscersi ben al di là degli affrettati giudizi apparenti. Il lutto profondo che ognuna di loro dovrà affrontare in modo diverso, le porterà a comprendere la grande statura morale di quell’uomo, e ad accettare le sfaccettature della natura umana.

Un libro che sfiora nervi scoperti, che porta la nostra sensibilità al limite del dolore, ma senza compiacersi nella sofferenza. Sarah Rayner analizza i sentimenti più profondi eliminando i falsi pudori: l’amicizia tra donne, l’amore coniugale e filiale, la solitudine e l’inadeguatezza sono sezionati e ricomposti, in un scrittura veloce e schietta, mai scontata.
 

 

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