sabato 29 dicembre 2012

Rosa Mogliasso, La felicità è un muscolo volontario, Salani


Torino, la fredda Torino è avvolta dal gelo dell’inverno; le ricche signore perennemente a dieta, tra un party per sole donne e una conversazione con il life-coach, si preparano ad un Natale brillante e alla moda.
Barbara Gillo no. Lei vuole lavorare, dimenticare il suo splendido Massimo Zuccalà, chiuso in un misterioso silenzio in quel di Palermo. Vuole buttarsi su scartoffie, interrogatori, indagini ed evitare commenti salaci del suo vice Peruzzi, sempre pronto a dispensare citazioni e consigli non richiesti.
La notizia che la signora Mappei è stata accoltellata brutalmente , nella sua casa con l’igloo firmato, e poi finita a martellate, non dovrebbe essere propriamente motivo di gioia. Eppure è ciò che ci vuole per strappare Barbara dalle sue tentazioni di fuga verso Palermo e per offrirle una valida scusa per evitare i mille impegni mondani in cui la vorrebbe coinvolgere la sorella Meri.
Inoltre la faccenda non è così semplice come potrebbe sembrare perché, nonostante la signora Mappei (donna Mappei, dopo aver perso il titolo di contessa, sposando il giardiniere di famiglia, con grande giubilo di D.H. Lawrence e simili narratori) fosse molto ricca, non c’è traccia di furto e nemmeno di scasso.  Le cellule grigie del commissario Gillo sono dunque ben occupate a districare una matassa il cui bandolo può trovarsi addirittura negli anni di piombo, in quella Torino arrabbiata e pericolosa nella quale Serena Mappei, figlia della vittima, conobbe la svolta della sua vita.
Narrativa a tutto tondo, che coinvolge dalla prima all’ultima riga, appassionando e divertendo.

 

domenica 16 dicembre 2012

Rosa Mogliasso alla Casa dei Libri


Alle 18 precise del 15 dicembre, Rosa Mogliasso fa il suo ingresso alla libreria La Casa dei Libri di Avigliana. Impermeabile nero, lunghi capelli ondulati, altezza decisamente notevole, il suo ingresso non può passare inosservato: tutte le teste si voltano verso di lei. Rosa sorride, stringe mani, si presenta a tutti con gentilezza e, con la consueta lentezza dei movimenti che fa di lei una signora, raggiunge la sedia preparata per la presentazione.
Gisella Viero, lettrice di grande abilità, sta per arrivare e Rosa comincia la sua presentazione: la voce è dolce, sonora, radiofonica, come l’ha definita la mia amica Chiara.
- In questo mio terzo romanzo ho voluto indagare sulla Torino degli anni di piombo, accostando alle vicende personali del commissario Barbara Gillo, e alla sua indagine per omicidio, fatti accaduti nel passato. Negli anni Settanta io ero una ragazzina – spiega la Mogliasso al pubblico attento, - ma ho fatto delle ricerche, interrogato persone e ho scoperto fatti agghiaccianti della vita di quei giorni, fatti che non si leggevano sui giornali perché coinvolgevano persone comuni e non uomini politici e grandi nomi del giornalismo. –
Una signora dal pubblico conferma: - Ero alla FIAT di Rivalta, giovane impiegata, e spesso mi sono trovata in mezzo a manifestazioni mio malgrado: per farci uscire dall’ufficio in fretta, ad esempio, lanciavano bulloni e cacciaviti contro le nostre finestre e spaccavano i vetri – attorno a lei si allarga un silenzio attonito. – Erano momenti bui, che adesso sono indescrivibili, incredibili. –
Gisella, per alleggerire il tono, legge un brano molto divertente del libro: la sua voce pacata è molto espressiva, le risate serpeggiano, trattenute, poi pian piano si fanno più forti, fino ad un vero scoppio di ilarità.
- Rispetto agli altri due romanzi (“L’assassino qualcosa lascia” e “L’amore si nutre d’amore”), questo indaga su un aspetto più serio della nostra storia; quindi ho voluto lasciare le parti più comiche ai capitoli più di contorno, meno direttamente rivolti alla trama. Mi piace descrivere un lato della Torino-bene, con le sue manie, le sue mode. –
La sorella di Barbara, ad esempio, che invita le amiche per la tombola di Natale e come primo premio mette in palio un vibratore; la vittima, riccona molto easy, che si fa dare del tu dai camerieri filippini; oppure il life-coach, splendido ragazzo pallido e nerovestito, ma, purtroppo per le protagoniste, assolutamente gay.
Anche questa volta Rosa Mogliasso azzecca i personaggi e trascina il lettore in un delitto complesso, i cui fili vengono tirati perfettamente.

  

sabato 8 dicembre 2012

Catherine Dunne, Quel che ora sappiamo, Guanda


La lettura dell’ultimo romanzo di Catherine Dunne non si affronta a cuor leggero. Da sempre impegnata nell’esaminare sentimenti profondi e complessi, l’autrice irlandese affronta in questa ultima opera il tema dilaniante del suicidio adolescenziale. Con una scrittura essenziale, tanto perfetta da venire dimenticata, esamina i meccanismi psicologici che portano una famiglia allargata a dover affrontare un lutto lacerante.
I genitori di Daniel, un meraviglioso ragazzo di quattordici anni e mezzo, sono in gita in barca a vela quando una sensazione, quasi una premonizione, li fa correre a casa.
Da quel momento il tempo pare sospeso e la narrazione passa di voce in voce, percorrendo le vite precedenti dei membri di quella famiglia, così normale nelle sue particolarità, fino a quel giorno funesto.
Grande protagonista di questa prima parte, filo conduttore di tutte le vicende, è Patrick, il padre di Daniel. Giovane marito infedele, cambia vita grazie all’aggressività della sua piccola primogenita, con cui resterà tuttavia in conflitto per molti anni. Rimasto vedovo, crolla nella totale apatia finché una donna di vent’anni più giovane lo riporta alla vita, e alle responsabilità che aveva dimenticato. La sua seconda vita scorre in parallelo a quella delle sua figlie: i nipoti crescono insieme al suo ultimogenito, Daniel, in una famiglia in cui le relazioni sono più un dovere che uno spontaneo piacere.
Ma ecco che la tragedia si consuma, la semplice routine, in cui la più piccola dissonanza sembrava una seccatura, viene squarciata e il vero dolore mostra la piccolezza dei rancori mai sopiti.
La seconda parte del romanzo affronta la lotta dei genitori devastati, il loro faticoso cammino fortificato dalla ricerca di una giustizia che non diventa mai vendetta. Qui la Dunne guida il lettore in un mondo di amicizia e solidarietà, tanto quanto, nelle pagine precedenti, lo aveva fatto soffrire con meschinità e cattiverie. Compaiono personaggi che sembrano marginali, ma che invece sono il fondamento per una nuova speranza.

Una lettura che affascina, colpisce e lascia un segno profondo.

 

giovedì 6 dicembre 2012

Daria Bignardi, L'acustica perfetta, Mondadori

Ci sono voluti sedici anni perché Sara riuscisse a trovare la voglia e l’opportunità di rincontrare Arno, sedici anni svaniti al primo sguardo, come se gli avesse detto addio appena il giorno prima. Lei lo aveva lasciato con un dolce bacio sopra ogni palpebra, in quella estate da adolescenti, col sole che sembra accendere la pelle dal desiderio; lo aveva lasciato dicendo: “Mi piacciono gli amori infelici”, poi era sparita.
Adesso, però, è di nuovo con lui, e questa volta la donna che ha desiderato per tanti anni, l’unica che poteva renderlo felice, entra definitivamente nella sua vita. Il matrimonio, i tre figli, il lavoro da violoncellista alla Scala: Arno ha tutto quello che desidera. Sara è una moglie premurosa, un’amante appassionata, una madre sempre presente, anche per gli amici dei figli, per i loro compagni di scuola.
Non che la vita con Sara sia tutta una dolcezza: ha il suo carattere misterioso, i suoi momenti di malumore; ma lui è un marito meraviglioso e la ama con tutto se stesso. Sì, ogni tanto si chiude, diventa ostile, ma qual è la coppia senza alti e bassi? E poi a lei piace scherzare anche in modo pesante, non sempre divertente.
Come in questi giorni, appena prima di Natale: cosa le sarà saltato in mente? Arno non può accettare che lei si allontani, e da chi, poi? Dal suo amore? Dai figli che adora?
Deve ricondurla a casa, riportarla alla sua vita, ai suoi figli, ma non sa da dove cominciare.
I genitori di Sara non le sono mai stati accanto, neppure nella sua adolescenza, non possono essere d’aiuto adesso. Eppure lui sente che qualcosa stride: i suoi stessi bizzarri genitori, il suo adorato amico Massimo sembrano reticenti, come se non volessero ammettere qualcosa.
Arno deve seguire le tracce lasciate per lui, anche involontariamente; deve trovare il coraggio di guardarsi indietro, di scoprire dentro di sé anche qualcosa che non vorrebbe vedere.

Daria Bignardi disegna una saga familiare al presente, seguendo una linea orizzontale che taglia il tempo;  ogni personaggio, ogni incontro è come una tappa, anche geografica. Milano, i paesi della Toscana, i paesaggi della Sardegna e dell’Isola di Amrum, nel Mare del Nord, sono un controcanto per gli stati d’animo che il protagonista affronta nel suo viaggio interiore verso la consapevolezza. Che talvolta è sinonimo di felicità.
 
Pubblicato sulla rivista "In...libreria", dicembre 2012, ediz. Susalibri

 

Claudio Rolando, Serge il sorcio, NEOS


Siamo a Parigi, la Parigi in fermento e piena di energia del 1957. La guerra è lontana ormai, ma altri sconvolgimenti stanno cambiando la storia: l’Algeria è in rivolta, e i francesi sono divisi su quanto dovrebbe fare la madre patria; la Francia sta siglando, con le altre nazioni europee, il patto per la creazione della CEE. Eppure tutto ciò scivola accanto a Leo Delfos, senza sfiorarlo. Lui, giovane cuoco già deluso dalla vita, si lascia trasportare dalla corrente, passando accanto ai grandi avvenimenti della storia senza lasciarsi coinvolgere: da quando sua moglie lo ha lasciato, sei mesi prima, sembra aver perso la voglia di vivere. Come un personaggio di Camus, esiste semplicemente, trascinando i suoi giorni tutti uguali, incapace di trovare un motivo per essere felice.
Finché una sera, lasciato lo squallido locale della banlieue dove ha finito il turno di lavoro, vede un topolino, un sorcio, zampettare sulla massicciata della fermata Porte Des Lilas del metrò. La sua apatia è scossa e la curiosità stuzzicata, soprattutto perché il piccolo animaletto sembra mosso da più di un semplice istinto: sembra che ogni suo movimento sia voluto, che tenti di comunicare con lui.
Leo, sera dopo sera, sente che la sua vita sta cambiando, che quel sorcio entrerà in qualche modo a farne parte. Decide di chiamarlo Serge e, per salvarlo dalla derattizzazione, lo porta a casa. Grazie a quel piccolo, incredibile  amico dal passato sconvolgente , ritrova il coraggio di vivere, di guardare di nuovo le donne, persino di cercare un altro locale più adatto alle sue capacità. Ma da quel momento la situazione sembra sfuggirgli di mano; il ritmo accelera e quello che all’inizio pareva un semplice gioco, si trasforma in un vero intrigo.
Ispirato ai grandi personaggi del noir francese, l’esordio narrativo di Claudio Rolando esce dai confini della Val Sangone e della divulgazione naturalistica, ed entra in un territorio affascinante: quello della vita parigina degli anni cinquanta, dei bistrot romantici, delle anonime eppure intime stazioni del metrò che popolano i mistery dei grandi autori.
Le straordinarie scoperte scientifiche dell’epoca suggeriscono all’autore un inverosimile esperimento di biologia in uno strano laboratorio. Gli ingredienti per una trama avvincente non mancano: donne affascinanti, uomini misteriosi, inseguimenti e quel pizzico di incredibile che può dare la visione di tutto ciò da parte di un minuscolo, simpaticissimo sorcio.
 
Pubblicato sulla rivista "In...libreria", dicembre 2012, ediz. Susalibri

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