martedì 20 agosto 2019

Nebbia


Diceva Audrey Hepburn nel meraviglioso film Sabrina che, se si vuole davvero vivere Parigi, bisogna vederla in un giorno di pioggia, passeggiare senza meta e senza ombrello tra le sue vie imprevedibili, sentire il brivido di una goccia che cade nel colletto, il profumo delle foglie bagnate nei mille parchi cittadini.
Se si vuole gustare davvero la montagna, bisogna vederla almeno una volta immersa nella nebbia. 
La nebbia può far paura, è vero, può confondere, sviare, far perdere il sentiero. Bisogna conoscere la montagna, per non temere la nebbia; bisogna sentirla arrivare, aspettarla, non farsene travolgere. Allora la nebbia ci accoglierà come un'amica, ci avvolgerà con il suo abbraccio leggero e freddo. 
La nebbia va attesa in un luogo sicuro, a pochi passi dal rifugio, dal sentiero ben tracciato. 
Nei mesi più caldi, la troverete vicino ad uno specchio d'acqua, nelle tarde ore del pomeriggio. 
Sedetevi su un masso, lasciate che il tempo scorra senza frettaOsservate il liquido semitrasparente, le rocce che sembrano chiamarvi dal fondo, invitarvi a togliere gli scarponi, a saggiare con le dita dei piedi il gelo di quell'acqua. 
Ecco, il centro del laghetto sta diventando confuso, la superficie si è dissolta in vapore freddo, le nuvole sembrano scese a raccogliervi, ad avvolgervi. Cosa intravedete? Una figura sembra avvicinarsi... no, è soltanto un'ombra. Là, nelle acque più profonde, c'è un pesce o forse un ramo...
I vostri sensi sono tesi, il silenzio nasconde qualche piccolo rumore, vedete minuscole onde incresparsi sulle rocce sotto di voi, sentite tutti i movimenti dell'aria attorno al vostro corpo e ogni respiro è un brivido.
Alzate lo sguardo: tutto intorno solo vapore, nuvole, grigio. È ora di tornare sui vostri passi, di ripercorrere i pochi metri che vi ricondurranno al sentiero, al rifugio, al caldo e alla luce.
E una volta giunti, sentirete già nostalgia della montagna e della sua nebbia.


lunedì 5 agosto 2019

Agosto


Agosto, che mese spettacolare! È il migliore dell’estate, il momento in cui le catene produttive si fermano e chiunque, anche chi non potrebbe farlo, si sente in vacanza. Il caldo raggiunge le quote più alte dell’anno, appagando i cronisti dei Tg, che possono così riempire i vuoti di notizie con dati e cifre record.
Sulle spiagge, almeno così ricordo, la sabbia scompare, ricoperta da una miriade di corpi assetati di raggi ultravioletti. Nelle città, turisti indolenti vagano tra opere d’arte e chioschi di bibite e gelati, indossando stoffe leggere e fiorate e calzando orribili sandali. Qui in montagna i boschi sono esplosi in tutto il loro vigoroso splendore, la vegetazione è densa e profumata, e promette frutti autunnali a volontà. Si passeggia volentieri anche nelle ore più calde, sotto i rami ombrosi e umidi. Si raggiungono le cime con entusiasmo, sapendo che lassù la temperatura sarà molto più fresca. Anzi, fredda.
Ecco, questo è il motivo per cui amo agosto, da quando vivo quassù, perché ci coccola col suo caldo, ma senza più spaventare. Alla sera, durante la cena in cortile, fa arrivare il buio sempre più presto, togliendo ferocia all’afa pomeridiana. Al mattino trattiene il sole dietro il crinale per un attimo in più ogni giorno, lasciando entrare dalle finestre un fresco che potremo conservare tutta la giornata.
Ed ecco un temporale improvviso, le gocce pesanti bagnano il terreno e l’asfalto e, una volta tornato il sereno, il caldo ha perso mordente e cattiveria. Però si può tornare fuori, apparecchiare alla luce di lampade rustiche e ridere fino a tardi con gli amici, magari buttandosi una coperta sulle spalle, per fare le ore piccole ascoltando le cicale quasi stanche.
Qui a 901 metri, un giorno di pioggia in agosto fa tirar fuori dall’armadio quel golfino leggero che non avevamo messo in naftalina, fa venir voglia di bruciare qualche ramo secco nella stufa, anche solo per profumare la casa.
E poi il mese di agosto è quello in cui compio gli anni, e non sarà mica per niente che mi piace.

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