mercoledì 30 luglio 2014

Davide Longo, Il caso Bramard, Feltrinelli


Ruota tutto attorno alla figura di Corso Bramard questo profondo e coinvolgente poliziesco di Davide Longo.
Corso, che deve il nome ad uno strano patto stipulato tra il padre e lo zio in tempo di guerra, è il protagonista assoluto di tutta la vicenda: è il commissario che vent’anni prima aveva indagato sul caso del killer delle ragazze; è a lui che il killer aveva rapito la moglie e la figlia, costringendolo, devastato e sconfitto, a lasciare la polizia. Ed è ancora Corso a riaprire ora le indagini, mai chiuse nella sua mente, grazie ad uno strano indizio riapparso dal passato che la scientifica non riesce a spiegare.
Eppure ben poco sappiamo del suo aspetto fisico, se non per qualche accenno lasciato cadere qua e là quasi per caso dall’autore. Anche la sua mente è un mistero, che lentamente si rivela, non a cerchi concentrici, ma a tasselli, in un puzzle che il lettore ricostruisce negli stessi istanti in cui si ricompone, pian piano, l’intricato caso di omicidi seriali.  
Fin dalle prime pagine scopriamo che è un solitario e che soffre di insonnia, ma non se ne lamenta e usa le lunghe veglie notturne per riflettere, per leggere e vivere i classici della letteratura, o per salire su una parete di roccia, ascoltando i richiami familiari degli animali notturni. Scopriamo che nella sua vita ci sono poche, pochissime persone importanti e che una di queste è Cesare, l’anziano e schietto proprietario di un bar-trattoria sulle colline piemontesi. L’altra è una collega, che tenta di scuoterlo dall’apatia, senza soffrirne troppo; è un’insegnante, come lo è Corso, che, abbandonata la polizia, ha scelto la strada più semplice dell’insegnamento ed è diventato professore di Italiano e Storia, in una scuola di provincia.
E poi c’è Elena, che ha lasciato in Romania un marito e una speranza, quest’ultima svanita con il primo e i soldi che lei gli mandava per la loro futura casa.
E’ una vita sospesa, quella dell’ex- commissario più giovane d’Italia, che sembra soltanto sopravvivere, in attesa di qualcosa o semplicemente di cadere da una parete, verso l’azzurro lunare del cielo.  Eppure sa che c’è ancora un compito da portare a termine, uno scopo per quei suoi giorni apparentemente tutti uguali, e che forse, una volta raggiunto, ci sarà qualcosa a dare un nuovo senso alla sua esistenza.
Nella sua indagine, naturalmente ufficiosa, non avendo più le credenziali necessarie per portarla avanti, lo accompagnano il commissario Arcadipane, tozzo e sgraziato quanto acuto d’ingegno, e Isa, una poliziotta scontrosa che nessuno vuole come collega.

Davide Longo ci accompagna in questa ricerca del suo protagonista con una prosa accurata e coinvolgente, arricchendo le frasi, in apparenza lineari, di sensazioni; affianca al protagonista Bramard personaggi talvolta appena accennati eppure memorabili, come l’affascinante Madame Gina, o come il viscido Forestale che “teneva la brace della sigaretta nascosta nel cavo della mano, anche se non erano sul ponte di una nave e non c’era un filo di vento”.







Raffaella Romagnolo, Tutta questa vita, PIEMME

Paoletta è brutta, lo sa e cerca di adattarcisi. E’ troppo alta, sgraziata e innanzitutto grassa. Sua madre non manca di ricordarglielo, inseguendola con metri da sarto, bilance elettroniche che calcolano l’Indice di Massa Corporea e soprattutto con elenchi di cibi proibiti. Eppure non è infelice, o almeno non lo era prima del Terribile Scherzo, prima che qualcuno dei suoi compagni postasse quel famigerato video su Facebook. Niente di osceno, intendiamoci, Paoletta è troppo intelligente ed onesta per cadere in simili trappole, anzi, è stata proprio la sua ingenuità a condurla a quell’appuntamento disgraziato.
Per fortuna c’è Richi, il suo fratellino disabile, col quale ha un’intesa così stretta da poter condividere tutto, anche le passeggiate. Spingendo la sedia a rotelle, o aiutandolo a camminare, svicolano dalle strade che la madre sceglie per loro ed entrano nei quartieri “bassi”, dalla parte opposta della villa, alla ricerca di qualcosa che ancor non è chiaro a nessuno dei due.
Ma cosa spinge Paoletta a cercare? Non la voglia di amici: i suoi libri, gli adorati film, Antonio, la governante e la sua vicina fashion sono più che sufficienti. Non certo il desiderio di piacere: Paoletta si crogiola nelle sue idiosincrasie (i tatuaggi, le zeppe, i quiz, le veline…), che la rendono unica e forse non proprio alla moda. E certamente non il desiderio di dare una vita migliore a Richi, che è già felice così com’è.
Forse è la paura di dover esser felice a sua volta, di dover appartenere a qualcosa, che la spinge a muoversi, ad uscire dalle pareti lucide e piene di quadri di valore della sua lussuosa villa. Sente di essere una pecora nera in quella famiglia di splendide donne, ma anche di essere una delle poche con il coraggio di non camuffarsi, di dire ciò che pensa e di alzare le lastre di marmo della sua esistenza, anche a rischio di scoprire un nido di serpi.

Un romanzo all’apparenza leggero, che consiglierò a mia figlia adolescente, che sa quanto è forte il rischio di fare classifiche e di venirne esclusi, ma anche che tutti noi abbiamo le armi necessarie per ignorarle. Armi che la cultura, l’esperienza, il consiglio di adulti fuori dagli schemi le possono dare. Insomma tutta questa meravigliosa vita.





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