venerdì 27 dicembre 2013

Il portafoglio

Siamo in un paese della Valle di Susa, nei giorni frenetici che precedono il Natale. Un uomo cammina su un marciapiede della sua cittadina, d’un tratto abbassa lo sguardo e vede un portafoglio; si china, lo raccoglie e lo apre.
A quel punto, se il portafoglio contiene del denaro, la tentazione di intascarlo sarà inversamente proporzionale all’onestà del soggetto. Se poi il contenuto del medesimo portafoglio elenca anche due bancomat e il foglietto con il codice segreto, ben scritto in modo da non correre il rischio di dimenticarlo, la tentazione sarà formidabile.
Ebbene, è proprio questo che è capitato a Lorenzo Moncalvo, che però non è un uomo pensieroso dallo sguardo basso, bensì un bimbo di otto anni che giovedì mattina, per mano a sua mamma, Laura Trivero, ha trovato sul marciapiede del centro di Buttigliera un portafoglio con le caratteristiche di quello della nostra scenetta.
- Come facciamo a restituirlo? – ha chiesto alla mamma, che ha subito capito il valore morale di quel gesto importante.
- Lo portiamo ai Carabinieri, così lo potranno ridare al proprietario – ha risposto soddisfatta. Poi, ripensandoci, ha creduto più urgente andare in banca, a bloccare il bancomat per evitare possibili complicazioni per il titolare.
- Non possiamo – le ha detto l’impiegato, - dobbiamo aspettare l’ordine del proprietario. -
Scuotendo la testa per l’assurdità della risposta, la signora è andata dai Carabinieri di Avigliana, dove uno stupito maresciallo ha subito iniziato le pratiche per rintracciare il proprietario, ma poi ha pensato che valesse la pena di spendere un po’ del suo tempo per complimentarsi con il pargolo:
- Bravo, sei stato un esempio per molte persone – gli ha detto stringendogli la mano. – Spero che la tua storia verrà pubblicata sul giornale. –
E così è stato.
Pubblicato sulla Valsusa del 12 dicembre.


martedì 24 dicembre 2013

Natale in famiglia

Cominciamo dall’inizio.
Siamo in una grande città, è la vigilia di Natale e le strade, benché ammantate di gelida nebbia, brulicano di persone che camminano ancor più velocemente del solito. Si sentono i saluti entusiasti, gli inviti, gli auguri; si vedono donne cariche di pacchi che rincorrono bambini gioiosi, uomini eleganti eccezionalmente sorridenti. Davanti alle chiese, mendicanti su carretti o coperte tendono la mano e mostrano cartelli improvvisati a tema natalizio: “Questa notte Santa io la passerò in strada da solo”; “Dammi gli avanzi, a me bastano”, e altre frasi strappalacrime che riescono a far cadere qualche monetina nel cappello.
Io, come ogni Natale, sono allegro; ma forse dovrei dire “come sempre”. Ho un bel carattere, me lo dicono tutti; dicono che io possieda la risata più cordiale e più contagiosa del mondo, ma ho anche una grande fortuna. Il mio lavoro fisso è ben pagato, ho sposato da poco una donna bellissima e gentile, con una boccuccia che pare fatta apposta per essere baciata, e che mi ama! Ho una bella casa calda e accogliente e, quel che più conta, tantissimi amici.
Domani sarà un gran giorno: la nostra piccola casa si riempirà di voci e di profumi; mia moglie sta cucinando da questa mattina un pranzo favoloso, che io, domani a tavola, criticherò un poco per prenderla in giro e sentire la sua bella voce ribattere una frase salace. Ci sarà anche sua sorella più piccola, quella rotondetta, che ti vien voglia di abbracciare; naturalmente abbiamo invitato anche il suo corteggiatore, quel ragazzone timido dalla voce di baritono. Mia moglie ha già messo i segnaposto perché si siedano fianco a fianco e sta organizzando una gara di Mosca Cieca, per permettergli di afferrarla fingendo di non vedere; credo sarebbe molto felice di averlo per cognato.
Sì, devo dire che anche i miei parenti sono meravigliosi. Be’, non proprio tutti; ma chi non ha un parente scorbutico e musone? E poi alla sua età bisogna perdonargli tutto, non credete? E in ogni caso, lui non verrà domani; non viene mai. Mia moglie dice che è meglio così, ma a me dispiace perché so che se venisse si divertirebbe, e continuerò ad invitarlo ogni anno.
Oh, ma guarda com’è tardi! I lampioni sono già accesi da un po’ e le vetrine dei negozi si stanno finalmente spegnendo, dopo tanti giorni di luce. La poca gente che ancora circola per strada sembra euforica e sorride in continuazione, ma ormai son quasi tutti a casa, a godersi il tepore della famiglia e a prepararsi per la festa di domani.
Ecco, anch’io sono arrivato alla soglia della mia casetta, con la ghirlanda di agrifoglio e i nastri rossi. Dentro mi accoglieranno i baci e gli abbracci della mia giovane moglie e quindi vi chiedo la cortesia di lasciarmi entrare da solo; in fondo abbiamo terminato da poco la luna di miele. Non vi offendete, vi prego, vi riaprirò per il pranzo di domattina.

Buon Natale! Buon Natale a tutti voi! Entrate, entrate. Allora, che ve ne pare? Non è una casetta meravigliosa? Oh! Oh! Oh!
Ops, scusate, non volevo ridervi in faccia, è che sono così felice che non riesco proprio a trattenermi. Ecco qui la mia adorata mogliettina, non è uno splendore? Dai, non arrossire, lo vedono bene da soli che lo sei!
Ecco, entrate nella nostra sala da pranzo; non è grande, lo so, ma ci stiamo tutti, basta stringerci un po’. Non è vero cognatina?
Guardatela com’è arrossita; ma intanto è ben felice che il suo ragazzone si stringa al suo fianco. Oh! Oh! Oh!
Basta con i complimenti, è ora di iniziare il pranzo di Natale. Lo so che voi non siete più abituati a questi piatti: porcellino arrosto, pasticcio di rognone, e poi le mele caramellate, le nocciole tostate, e tutti questi bei boccali di birra scura. Vorrei che poteste assaggiarli con noi. E forse anche i nostri giochi vi possono sembrare sciocchi o infantili, ma provateli anche voi. Il giorno di Natale provate a farvi gli Indovinelli o il gioco del Sì e del No; sfidatevi alle Penitenze, e vedrete che non c’è vecchio, bambino, sacerdote o acida zitella che non si diverta.
E dopo il pranzo, canterete con noi. Basta un po’ di voce e una buona dose di birra in corpo e tutti si trasformano in coristi.
Oh, ma che diamine c’è adesso? Il campanello? Vai, cara ragazza, lascia qui il vassoio e vai ad aprire; non sia mai detto che questa casa non è aperta a tutti il giorno di Natale! Ci servirai dopo, con calma, abbiamo tutto il tempo.
Allora, chi è? Su, apri quella porta, non sarà mica il demonio!
Oh, ma sei tu zio! Zio Ebenezer, entra entra. Guarda cara, guarda, c’è lo zio Scrooge!
Accidenti, ma lo avreste mai detto?

Alla fine ha accettato il mio invito, ed è rimasto fino a sera. Ha mangiato, bevuto con noi, ha cantato le carole e si è lasciato bendare per la Mosca Cieca. Ed io sono così felice che non riesco nemmeno a ridere, so che qualcuno lo farà, perché nulla di buono accade sulla terra, senza che qualcuno sulle prime si prenda il gusto di riderne.
Il Signore ci benedica e ci protegga tutti quanti.


venerdì 20 dicembre 2013

Scrivere sotto la neve

Un weekend di scrittura alla Palazzina Sertorio, immersi nella prima neve d’autunno.

Le previsioni avevano annunciato una leggera nevicata a partire dal primo pomeriggio di sabato 30 novembre; alle 13, invece, sul piazzale sopra il santuario di Forno, c’era già una buona spanna di neve, e così sulla strada.
Abbandonate le auto, infilati gli scarponi e gli  zaini, la comitiva di neo-scrittori si è incamminata sotto i fiocchi gelati, accompagnati da un panorama fiabesco e da una buona dose di entusiasmo, fino alla Palazzina Sertorio. Là, nell'incanto del silenzio ghiacciato, l’accoglienza è stata magica: stufa scoppiettante, teiere colme di tè caldo e biscotti al burro.
Qualche ottima lettura come introduzione: Camanni, Hemingway, Krakauer, Perissinotto, Malvaldi; spunti per un’ispirazione che non tarda ad arrivare e, non appena le dita riprendono a muoversi in modo regolare, via alle Bic e ai blocchi di carta.
Niente tablet o portatili, niente luce elettrica: per questo weekend  torniamo alle origini, con carta e penna e lume di candela. Il silenzio è profondo, il crepitio dei ceppi nel focolare è l’unico suono nella stanza. Christian Ostorero, con passo felpato, entra con pentoloni invitanti e solleva coperchi che sprigionano tentazioni.
All’ora di cena ecco i primi racconti completati: ce li leggeranno gli autori stessi dopo cena, trasportandoci nelle atmosfere incantate della fantasia.
La notte è fredda, ma i sacchi a pelo e i calzettoni ci cullano fino al mattino dopo, quando scendiamo nel salone per una colazione da campioni.
Simone e Giovanni Periale arrivano alla Palazzina con l’ultima iscritta, raccontandoci di un sole luminoso che non toccherà le mura della palazzina di caccia fino al 24 gennaio, quando la rotazione terrestre lo porterà di nuovo a salire.
Qualche altra lettura e di nuovo scorrono le parole sui fogli bianchi e, prima del pranzo luculliano, altri racconti vengono letti dai loro autori.

Non è una gara, ma una condivisione di emozioni e di parole, in cui comunque non posso non sottolineare la presenza di Emma e Lina, dodici e dieci anni, che, con i loro racconti, hanno stupito e commosso tutti i presenti. 
Arrivederci a primavera.

mercoledì 11 dicembre 2013

1000 idee per un libro

Sabato 14 e domenica 15 dicembre la Fiera del Libro ha fatto il suo debutto a Giaveno.
Ventidue autori locali si sono incontrati nella splendida coreografia del salone di Villa Favorita, e hanno presentato le loro opere, affiancati da Case Editrici e Professionisti dell’editoria.
Organizzata dalla Città di Giaveno con l’Assessorato alla Cultura,  la prima Fiera del Libro dedicata agli scrittori locali è una iniziativa che porta ad avvicinare autori e lettori, a farli incontrare in un luogo perfetto per uno scambio di idee o una piacevole conversazione culturale.
«Il territorio vanta una ricca presenza e attività di scrittori: giovani autori, studiosi, appassionati, storici con all’attivo una produzione vasta e varia. A loro l’Amministrazione Comunale vuole offrire una iniziativa di vetrina e di incontro, in cui presentare il proprio volume e per tramite delle librerie e o dell’editore venderlo. Nel periodo natalizio l’iniziativa suggerisce anche un buon dono incentivante la lettura a tutte le età e per tutti» spiega Flavio Polledro Consigliere delegato all’Assessorato alla Cultura.
Ciò di cui spesso si rammaricano gli stessi autori è proprio la mancanza di un contatto diretto col pubblico, di un luogo d’incontro privilegiato, che ponga le basi per una conoscenza delle loro opere e della produzione letteraria locale.
Daniela Ruffino, sindaco di Giaveno, spiega da dove è nata questa idea:
«Giaveno e la valle sono particolarmente ricche di protagonisti culturali, molti sono gli scrittori che vivono qui, alcuni lo sono di professione, altri nutrono una grande passione per la scrittura, altri ancora sono mossi dal desiderio di ricercare e far conoscere vicende storiche e del passato conosciute e poco conosciute secondo approcci diversi. A loro abbiamo pensato nel realizzare questa Fiera che vuole soddisfare parallelamente il bisogno di promuovere la lettura, il piacere e il valore della lettura e attraverso gli scritti sulla storia locale il nostro passato e le nostre tradizioni.».

Ho avuto il piacere di presentare
sabato 14  Giulietta Gastaldo
domenica 15 Patrizia Boscaro
domenica 15 Sonia Rolando

giovedì 5 dicembre 2013

Giulietta Gastaldo, Prigionieri di un passato, Il Punto

Le giornate trascorrono lentamente per Ludovica; giunta ormai al tramonto dei suoi giorni, siede per lunghe ore sulla stessa sedia, a guardare attraverso il vetro della grande finestra. Il suo sguardo si perde lontano, oltre il giardino di quella casa di Giaveno, amata ed odiata nello stesso tempo, oltre le cime di quei monti che non sono mai stati per lei un rifugio.
La piccola Giulia osserva di nascosto la nonna, impaurita da quella strana immobilità, ma ancor di più dalle sue reazioni improvvise, dagli sguardi severi, dalle frasi taglienti. Forse è normale, per chi vede la vita volgere al termine, provare tanta rabbia per il passato, aspettare qualcosa che non verrà più; ma la piccola Giulia non può sapere il motivo di tanto rancore, non conosce i segreti di quella donna e del suo passato.
Eppure proprio Ludovica dovrebbe capire quella piccola, lei che nell’infanzia era succube dei capricci della madre, che solo dal nonno riceveva l’affetto che desiderava.
Era tanto tempo fa, la Torino di inizio Novecento era una città splendente di luci e di speranze. Le donne si vestivano con calze di seta e colli di pelliccia e gli uomini le accompagnavano a teatro e a passeggio per i viali alberati della città. Ludovica viveva in una bella casa, circondata da artisti: il nonno Giovanni Battista lavorava al famoso teatro dei burattini, suo fratello Edoardo, burattinaio, era spesso in tournée con il suo spettacolo e il giovane Antonio Mario, lo zio di Ludovica, era avviato verso una brillante carriera di decoratore.
Poi era arrivata la guerra e tanti giovani erano partiti per non tornare più. Arrivavano lettere terribili e i soldati che riuscivano a sopravvivere e rivedere i loro cari, spesso venivano accolti con diffidenza, come se non si fosse certi del valore dimostrato da loro in trincea.
Era iniziato un periodo buio, l’inverno dell’Italia. Ludovica, giovane sposa e mamma, aveva visto l’ascesa di Mussolini e aveva assistito, senza poter fare nulla, alle scelte aberranti di un personaggio ai limiti della follia. Col passare degli anni il fascismo era entrato nel pieno del suo vigore ed era iniziata una guerra ingiusta e smisurata. La gente aveva cominciato ad aver paura: le violenze contro chi non era fascista, le restrizioni e i fanatismi crescevano di anno in anno. I giovani, partiti come soldati, scomparivano nel rovente deserto africano o nelle steppe della pianura russa; chi li aspettava a casa pativa la fame e la miseria.
Ludovica, già provata da lutti e privazioni, era dovuta fuggire da una Torino irriconoscibile fin sui monti della val Sangone, nel cuore la speranza di tornare presto alla sua adorata città. Non avrebbe mai immaginato di dover vivere sradicata da tutte le sicurezze, di dover assistere a violenze indicibili, di cui anche la sua famiglia sarebbe stata vittima.
Ed ora, a distanza di decenni, Giulia non può capire, non può nemmeno immaginare, nella sua innocenza di bambina, cosa hanno visto gli occhi di quella anziana donna nella sua gioventù, non sa a quali violenze suo padre abbia dovuto assistere da ragazzino.
Un percorso di scrittura iniziato con il ritrovamento di fotografie e lettere di famiglia ha condotto Giulietta Gastaldo lungo i destini di antenati e parenti quasi sconosciuti, alla scoperta dei segreti di un passato che sembrava perduto, fino alla rivelazione inaspettata del vero tesoro di ogni famiglia: i ricordi.

La piccola Giulia si affaccia sulla soglia della cucina: seduta davanti alla finestra c’è la nonna, immersa nei suoi ricordi, e la piccola la osserva intimorita. Qualcosa ha attirato lo sguardo dell’anziana donna, che ora, disturbata dalla presenza della bambina, la rimprovera, facendola fuggire. E’ questo l’inizio di un lungo racconto che coinvolge e affascina il lettore per tutte le trecento pagine di Prigionieri di un passato,edizione Il Punto.
Incontriamo l’autrice, Giulietta Gastaldo, alla vigilia dell’uscita del suo romanzo nelle librerie.
“Tutto è nato quasi casualmente” spiega lei  emozionata. “Abele Bergeretti mi aveva chiesto informazioni su mio bisnonno, il pittore Antonio Mario Guglielmino. Così mi sono messa alla ricerca dei documenti di famiglia e quel che ho trovato è stata una scoperta entusiasmante. Sapevo che in casa c’erano delle carte, ma mio padre e mia nonna non avevano mai voluto mostrarmi niente; è stata una vera e propria caccia al tesoro tra gli eventi che hanno coinvolto la mia famiglia, sia tragici che lieti. ”
Nella sua ricerca Giulietta ha scoperto cartoline, fotografie, riduzioni in scala dei dipinti che avevano reso celebre il prozio pittore, e poi libretti militari, lettere, annuari; e ogni sorta di ricordo scritto legato alla storia di una famiglia in cui la vita privata è annodata strettamente alla storia nazionale.
Dal ritrovamento alla scrittura il passo è stato quasi inconsapevole:
“Ricordo una domenica di due anni fa, in cui, come d’impulso, presi un quaderno e iniziai a scrivere, a mano, come una volta. Le pagine scorrevano veloci, giorno dopo giorno, mese dopo mese, creando una trama in cui gli eventi reali si affiancavano a quelli creati dalla mia fantasia.”
Un duro lavoro che ha coinvolto Giulietta per mesi, durante i quali ha dovuto studiare i testi più importanti sulla storia recente della Val Sangone.
“Fondamentali sono stati La resistenza alle porte di Torino e La resa dei conti, entrambi dello storico Gianni Oliva, ma anche il diario di Giuseppe Zanolli, podestà di Giaveno ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Senza contare tutti i testi di storia e gli archivi Internet, dove ho cercato documenti anche in formato video e audio. E’ stato un gran lavoro, ma non posso dire che sia stata anche una fatica: mi alzavo spesso già con idee nuove in mente al mattino presto e non vedevo l’ora di poterle trasformare in racconto.”
Così, pian piano, i personaggi di questa saga familiare hanno preso vita: il nonno Giovanni Battista, uomo dolce e presente, la bisnonna altezzosa ed egoista, Maurizio Guglielmino, ucciso dai nazisti al colletto del Forno. Cosa hai provato nel narrare le loro storie?
“Nel raccontare queste storie ho dovuto ripercorrere i giorni della resistenza a Giaveno e in valle e ciò mi ha particolarmente toccato. Nonostante siano trascorsi settant’anni rimangono ancora ferite profonde; io ho solamente raccontato gli eventi senza esprimere alcun giudizio.”
Due anni di lavoro hanno prodotto una gran quantità di materiale, come sei riuscita a racchiudere tutto in queste pagine?
“In realtà il testo originale comprendeva anche una terza parte, che per motivi di lunghezza ho dovuto tagliare. Spero di poter presto riprenderla in mano e scrivere un secondo romanzo”.






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