Mancavano
ancora dieci giorni a Natale, ma il centro del paese era tutto uno sfolgorio di
luci. Si guardò intorno un po’ intimorita, ma anche segretamente affascinata.
Da un lato all’altro della strada, stendardi luminosi collegavano i balconi dei
primi piani, i monumenti e le case più antiche erano diventati schermi per
proiezioni gigantesche: scritte di auguri, fiocchi di neve e angioletti si
alternavano sulle facciate della piccola chiesa e del campanile.
Si
riscosse e si incamminò lungo la strada in discesa, calpestando il porfido con
le comode polacchine, sbirciando qua e là dentro le vetrine scintillanti di
luci e oggetti attraenti. Era molto tardi, eppure tutti i negozi erano
affollati e anche lungo la strada le auto faticavano a scansare i pedoni. Molti
dovevano essere amici, perché ad ogni passo qualcuno si fermava per salutare,
abbracciare e sorridere a qualcun altro. Passando accanto a questi gruppetti
improvvisati, sentiva stralci di conversazioni e frasi smozzicate.
«…
è stato poco bene, ma a Natale ci sarà di sicuro», «…parcheggiato così lontano
che facevo prima a venire a piedi, e dire che…», «… eh, povera donna, chissà
che brutto periodo…».
Le
sembrava di assistere ad uno spettacolo, osservando le vite degli altri. Erano
queste, dunque, le vite degli altri?
Si
accorse di essere di nuovo ferma e allora, tenendo lo sguardo basso, si infilò
nella farmacia, la sua meta. Anche qui c’erano molte persone, e il calore le
fece appannare gli occhiali. Si sentiva frastornata e un leggero capogiro la
investì, facendole perdere l’equilibrio.
«Mi
scusi, mi scusi tanto» mormorò quasi tra sé, risistemandosi lontano dal signore
corpulento che aveva urtato e che le rispose con un grugnito. Qui non dovevano
esserci amici, perché uno strano silenzio regnava in quella folla e i volti
erano scuri. Una giovane donna si avvicinò al banco con un bimbetto in braccio,
infagottato in una giacca gonfia di un azzurro vivace. Lei gli sorrise e fece
ciao con la mano. Il bimbo la fissò, poi si voltò di scatto.
«Mamma,
quella signora è tutta nera. È cattiva!» gridò.
La
giovane mamma si girò verso di lei:
«Stai
tranquillo, Mattia, ha il velo, ma non è pericolosa».
Pericolosa?
Ma stava parlando di lei? Si sentì infiammare dalla vergogna e andò subito al
banco; il farmacista la servì in fretta, ma con molta gentilezza. Le diede una borsettina
di nylon piena di scatolette e le augurò buon Natale. Lei sorrise e scappò in
strada.
Il
freddo ora pungeva e lei sentì le lacrime ghiacciarsi sulle ciglia; tirò fuori
dalla tasca un fazzoletto ruvido e si soffiò il naso. Non si era mai sentita
così strana.
Si
incamminò di buon passo, ripercorrendo la strada in salita, verso casa. I
negozianti stavano cominciando ad
abbassare le saracinesche e i passanti si erano diradati, ognuno verso il caldo
della propria casa, della propria famiglia.
Arrivata
al portoncino, infilò la grossa chiave ed entrò nell’ingresso che odorava di
cera e finalmente si sentì al sicuro. Si tolse il cappotto grigio e lo mise nel
grosso armadio con tutti gli altri.
«Bentornata,
Francesca, era ora! Ti stavamo aspettando» le venne incontro Teresa, aiutandola
a togliersi la sciarpa. «Fa un bel freddo fuori, eh?»
«Un
freddo terribile, non vedevo l’ora di tornare» disse Suor Francesca
rabbrividendo.
«Sia
lodato Gesù Cristo» sorrise Suor Teresa, poi insieme si avviarono verso il
profumo di minestra del refettorio.
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