martedì 22 dicembre 2015

La straordinaria soggettività dello spreco

Ho appena postato il calendario di ieri, quando mi ritrovo tra le mani un articolo su un personaggio famoso (di cui non faccio il nome per motivi che capirete). La parola “sobrietà” aleggia ancora nella mia mente, come un’eco lontana, mentre scopro che questa persona, peraltro simpatica e molto intelligente, ama collezionare oggetti preziosi. Non solo, ma per i suoi indumenti cerca stoffe rare e vistose, che poi fa confezionare da un sarto che abita a centinaia di chilometri da lui.
Non c’è niente di male, lo so, ognuno di noi ha delle manie, delle passioni che per gli altri sono spese futili e anche non del tutto etiche. Però non riesco proprio ad accettare che, in un momento in cui le famiglie di piccoli risparmiatori vengono lasciate sul lastrico, nel momento in cui padri e madri di famiglia devono ricorrere al Banco alimentare per nutrire i propri figli, ci sia chi invece può sperperare del denaro.
Cerco di convincermi da sola e mi dico che, forse, questa persona fa molta beneficenza, che magari ha creato una fondazione. Poi mi autoaccuso riflettendo che anch’io spreco in cose non sempre necessarie, ma questo aggrava la sensazione e non posso che concludere che nel mondo c’è troppa disparità, che quello che io spendo per cose che ritengo assolutamente indispensabili per vivere, per molti altri potrebbe essere speso per cibo, medicinali, case, istruzione.
Così mi accorgo che quello che devo fare è aprire gli occhi, vedere al di là del mio naso e dei miei egoistici bisogni, per scoprire un mondo sconosciuto o quasi.
Mi aiutate tutti insieme?

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