Non
sono un’assidua frequentatrice di facebook, ma non mi dispiace. È un po’ come
il vecchio zapping televisivo, con notiziole brevi, video che partono da soli e
che si possono oltrepassare senza sensi di colpa. Certo, ci vuole un po’ di
ragion critica, con alcuni post allarmistici o categorici, e una certa elasticità
mentale. In ogni caso è un valido strumento, e come tale deve essere usato.
In
questi giorni, ho notato che, gentilmente, facebook mi sta celebrando
anniversari immaginari, riportando alla mia attenzione post di quattro, cinque
anni fa, e chiedendomi se non sarebbe davvero carino condividerli con tutti.
Oggi ho avuto un suggerimento: creare un mio personale calendario del 2015. Non
devo fare niente, ci pensa lui a riorganizzare i post, le foto e gli eventi che
“per me” sono stati importanti.
In
pratica mi gestisce le emozioni.
Devo
dire che come manager delle mie stesse emozioni non sono un granché, ma
preferisco comunque fare da sola. Però mi è stato utile, perché mi ha dato modo
di riflettere e ho pensato che, in pratica, i social network sono contenitori e
trasmettitori di emozioni. Per questo sono così diffusi e ben voluti, per
questo i ragazzi, sempre assetati di emozioni, non si staccano dallo
smartphone, e si iscrivono a tutti i social possibili.
È
un bene? Ed ecco che scatta la mamma apprensiva, che tenta di vegliare sul
futuro e sul presente dei figli. Li vedo già alzare gli occhi al cielo e
sospirare rumorosamente, prima di tornare allo schermo del cellulare.
La risposta sta
tutta lì: nella capacità di usare le meningi, di vagliare quello che i social
presentano e decidere con la propria testa se si tratta di qualcosa di valido o
di estremamente nocivo. Leggere le opinioni di tutti, assorbire le emozioni
degli altri può essere deleterio, ma anche molto importante per conoscersi e
per crescere.
Per questa volta
posso dormire tranquilla.
Ci ragionavo qualche giorno fa. Ed ho concluso che per me i social sono un amplificatore smisurato per orecchiare le conversazioni in autobus. Il bello dei social è che molti dei contatti sono persone che in realtà non mi sono vicine. Appartengono a realtà sociali e culturali anche molto diverse dalle mie. E ancora di più i loro amici, e gli amici dei loro amici. E tutti commentano, scrivono, inveiscono, adorano, odiano, amano, "likano". Come un enorme autobus in cui io posso origliare le conversazioni di tutti senza essere scoperto, divertirmi dei loro errori di grammatica, stupirmi della loro ingenuità o della loro profondità. Farmi un'idea su un mondo che non mi appartiene, che è distante chilometri dal mio. E quando sono stufo, pulirmi il sedere, tirare l'acqua e tornare alla mia vita.
RispondiElimina