Ogni
volta che leggiamo un romanzo, entriamo in contatto con l’autore, ne
assimiliamo il modo di vedere i luoghi, i fatti, comprendiamo quello che pensa
e quello che ci racconta. E tanto più un autore è bravo, tanto più ce ne
dimentichiamo, creando noi stessi quella figura dell’autore “implicito” che in
realtà non esiste. La sua persona reale non è messa in evidenza nelle pagine,
ma traspare in minuscoli indizi che invogliano a cercarli, trasformando la
lettura in una caccia al tesoro, che altro non è che una caccia all’autore.
E’
quello che accade leggendo i romanzi di Fruttero e Lucentini, due personalità
distinte, due caratteri diversi, che si amalgamavano a tal punto nella
narrazione, da dar vita ad una nuova entità.
Allora
la curiosità di conoscerli al di fuori delle loro opere diventa forte, e non
sempre le biografie riescono in questo intento. Le celebrazioni si sprecano, le
analisi a posteriori anche, soprattutto nel caso di Lucentini che, malato
terminale, decise di chiudere di propria iniziativa il suo cammino terreno.
ne
riporta in questo libro la quotidianità. Quel che ne esce è una figura di
padre, marito, amico; un padre affettuoso e sereno, un marito presente e sicuro
anche nelle molte difficoltà familiari; un amico su cui contare in caso di
bisogno o per una festa spensierata.
E
raccontando di lui, Carla racconta se stessa: una donna normale, vissuta in una
famiglia con i pregi e i difetti di tutte le famiglie; una ragazza ribelle,
ansiosa, ma anche affettuosa e attenta.
Tra
le righe di una vita apparentemente comune, si vede la Torino degli anni di
piombo, il fermento di una comunità intellettuale che ha segnato un’epoca
letteraria; nella descrizione leggera delle giornate di bambina e di ragazza,
si nascondono un’infanzia e una giovinezza assolutamente uniche e privilegiate.
In casa Fruttero a Torino, a Trana, a Roccamare, passavano e si fermavano Pietro
Citati e Italo Calvino; nei corridoi Carlotta incrociava firme del giornalismo
e nomi illustri del cinema internazionale.
Ma
se “La mia vita con papà” punta a
rappresentare nell’intimità del quotidiano un uomo comune, nelle lettere
scritte a mano, nelle pagine di diario scritte solo per se stesso, si intuisce con
ancora maggiore evidenza la forza narrativa di un autore formidabile.
La
doppia biografia scorre lungo il tempo cronologico, divagando e soffermandosi,
allungando e contraendo mesi e anni; ripercorre i momenti importanti della
famiglia: l’uscita dei romanzi, le trasmissioni televisive, ma anche le gite in
barca, le chiacchierate e il lento inesorabile deperimento fisico degli ultimi
anni.
Ogni
tanto un intervallo in corsivo, una riflessione estemporanea che riporta, per
un momento, al “qui e ora”, come a rammentare al lettore che quel mondo non c’è
più, che quelle persone meravigliose che popolano le pagine non son altro che a
loro volta personaggi.
Maria Carla Fruttero con Enrico Camanni e Carlin Petrini
alla presentazione della rivista Turin
Torino, teatro Carignano, dicembre 2012
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