Tutto
all’apparenza è rimasto come prima: il paesino di Lansquenet, con le case in
pietra, sparse lungo il corso della Tannes, la chiesa e i fedeli racchiusi
nella loro piccola mediocrità, la casa
galleggiante e il vento. Soprattutto il vento. In estate, nella piana francese,
soffia l’Autan, le vent des fous, il
vento dei folli. E come otto anni prima, è ancora il vento a richiamare Vianne
Rocher, a portarla via dalla Parigi che l’ha accolta dandole un nuovo futuro.
E’
il vento a ricondurla ai suoi vecchi amici, ai suoi sospettosi e pettegoli
compaesani, nell’unico posto in cui si era sentita a casa: Lansquenet. Lì, in
quelle case di pietra, tra quei vicoli lastricati di porfido, aveva aperto la
Céleste Praline, la bottega di “Chocolat”. Il richiamo è forte e imprevedibile,
giunge per lettera da una voce ormai scomparsa, quella della sua amica Armande,
spavalda distruttrice di regole e convenzioni. “C’è bisogno di te”, un richiamo
impossibile da ignorare per la generosa Vianne, che con Anouk e Rosette, le sue
due figlie, lascia Parigi e torna là dove tutto sembra rimasto immutato, dove
invece è tutto profondamente cambiato.
Les
Marauds, quartiere zingaro lungo la volubile Tannes, è divenuto il rione
islamico, con la moschea e il minareto. Inutili gli sforzi di père Henri
Raynaud di assorbire pian piano i suoi residenti nella quiete delle abitudini
locali; inutili anche le mediazioni del vecchio Majoubi, pacifico capo della
comunità, che non vuole il niqab per
le donne e legge Victor Hugo. Giorno dopo giorno gli equilibri si sfaldano, i
pregiudizi diventano rancori, le malelingue trovano di che nutrire la loro
curiosità maligna.
Al
suo arrivo Vianne trovai muri della sua vecchia chocolaterie bruciati da una
mano ignota, la sua amica Josephine ancora nel bar che detestava, le giovani
donne della comunità dei Marauds soggiogate dal potere di una misteriosa figura
femminile e dal fascino di Karim, un uomo bello e misterioso. E a Vianne il
compito di cercare il bandolo di questa intricata matassa.
I fedeli lettori di Joanne Harris ritrovano in
queste sue ultime pagine tutte le atmosfere dei precedenti romanzi; i profumi
delle stagioni e i cibi delicati o decisi delle sue ricette.
Forse,
però, proveranno un pizzico di delusione: la trama stenta a decollare, con
mille giri attorno al vento, ai colori delle persone, alle sensazioni di
Vianne. I momenti chiave del romanzo vengono inframmezzati da descrizioni
talvolta ripetitive e i personaggi, comunque interessanti e colmi di fascino,
sono troppi e, soprattutto nel caso di quelli femminili, troppo simili. Anche
la terminologia islamica è in qualche caso eccessiva, tanto da sembrare
un’ostentazione e da risultare quasi un ostacolo allo scorrere della trama.
Tutto
ciò non è, però, che un lieve intoppo in un romanzo tuttavia piacevole, ma che,
con un centinaio di pagine in meno, sarebbe risultato decisamente ottimo.
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