Gli
italiani leggono poco, lo dicono tutte le statistiche. Leggono poco rispetto
agli altri europei, rispetto al resto del mondo occidentale, rispetto al resto
del mondo tout court.
Ma
si avrebbe lo stesso risultato se, in questa statistica, si sostituisse
“italiani” con “piemontesi”? Diceva Bruna Bertolo nello scorso numero di questa
rivista che, nonostante la crisi, il settore editoriale mostra una
ragguardevole vivacità, soprattutto, aggiungerei io, in Piemonte. Nuove case
editrici stanno nascendo, nuovi scrittori pubblicano le loro opere e il libro,
in qualunque forma lo si legga, continua ad avere una notevole diffusione.
Il
Salone del Libro di Torino ne è una dimostrazione inconfutabile. Giunto ormai
alla ventiseiesima edizione, può ben dire di aver attraversato, nel corso della
sua lunga vita, le diverse fasi che il mercato librario ha visto negli ultimi
anni. Dagli inizi sfolgoranti del 1988, quando noi primi visitatori restammo
abbagliati dalla quantità fiabesca di libri esposti, ai periodi più difficili,
quando diverse fonti, culturali e politiche, spingevano per la dislocazione a
Milano.
In
questi ventisei anni è stato oggetto di critiche ripetute: il biglietto troppo
caro, gli stand giganteschi dei grandi editori che relegano le piccole case
editrici in angoli di scarso passaggio, ha saputo comunque reinventarsi ogni
anno. Una nuova iniziativa, un ampliamento, una propaggine hanno esteso il
Salone verso nuovi orizzonti: il tema conduttore, il paese ospite, il collegamento
con il mondo del cinema, i bambini e i ragazzi come protagonisti, i paesi
extraeuropei e la loro letteratura sconosciuta alle masse… Tutto fa pensare che
il Salone sia perfettamente in grado di badare a se stesso e di reinventarsi
con il mutare delle condizioni, che sappia ascoltare il vento e piegarsi in base
alle trasformazioni dell’editoria. Certo le difficoltà ci sono e sarebbe
ingenuo ignorarle; fingere che la crisi non tocchi la cultura, che, anzi, non
la stia devastando, sarebbe mettere la testa sotto la sabbia. Ma è proprio quando
le forze esterne sono contrarie alla lettura che questa diviene un bene
prezioso, una fonte di sopravvivenza. Lo aveva intuito Ray Bradbury nel suo
capolavoro “Fahrenheit 451”, lo ha raccontato Dai Sijie in “Balzac e la piccola
sarta cinese”, tanto per fare due soli esempi: il libro più lo si imprigiona,
più sguscia fuori dalle sbarre.
Per
questo il tema dell’edizione 2013 è Dove
osano le idee, un titolo evocativo e volutamente enigmatico: del resto,
cosa è più coraggioso di un’idea che passa di pagina in pagina, di occhi in
occhi e, finalmente, vive di vita propria? Eccolo, il libro come nido di idee,
come fucina di creatività; e la creatività come ricchezza. Questo è il
messaggio del salone, che potrebbe ribaltare la statistica: gli italiani sono l’eccellenza
della creatività, anche letteraria; e i piemontesi sono i primi dell’elenco,
basta osservare i nomi degli autori nelle classifiche di vendita. Gli scrittori
piemontesi sono tanti, e i loro nomi compaiono regolarmente nelle rubriche
letterarie dei quotidiani nazionali, nei palinsesti degli incontri culturali, facendo della letteratura piemontese il fiore all'occhiello dell'editoria italiana.
Pubblicato su In... libreria, Edizioni Susalibri, maggio 2013
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