La vita di Guido Marchisio è giunta ad una svolta, ma lui ancora non lo sa, e ci vorranno delle settimane, dei mesi, perché possa rendersene conto definitivamente.
E’
un giorno di lavoro qualunque, il 26 ottobre del 2011, quando Guido, al volante
di una semplice Panda sostitutiva della sua Mercedes aziendale, attraversa un
incrocio al primo lampo del semaforo verde. Un camion guidato da un autista
soprappensiero sta per travolgerlo, ma in un istante, che sembra durare un
infinito, riesce a frenare a un millimetro dalla sua fragile portiera di
utilitaria.
Sconvolto,
l’ingegner Marchisio, sentirà il bisogno di un bicchiere di cognac, un bisogno
urgente, che lo porterà nel primo bar sulla sua strada.
E
lì il protagonista del romanzo, il direttore di stabilimento della Moosbrugger,
rampante quarantaseienne, sulla via per divenire un uomo dell’ombra come il suo
superiore, riceverà un pugno metaforico: un giocatore di videopoker, tanto
lontano dal mondo luccicante di Guido da metterlo in imbarazzo col solo rivolgergli
la parola, sembra riconoscerlo, anzi, è addirittura commosso nel rivederlo.
Uno
scambio di persona, un equivoco, certamente, ma il dubbio comincia ad
insinuarsi nella mente del dirigente. E mentre la sua carriera percorre il
cammino arduo ma pieno di soddisfazioni della Ristrutturazione Aziendale, mentre
la sua vita sentimentale sfolgora a fianco della splendida stagista per la
quale ha lasciato la moglie coetanea, la sua sicurezza di manager comincia a
creparsi, come la carlinga di una aereo che poi, nel punto più fragile e nel
momento più tragico, si spezzerà.
Con
Le colpe dei padri Perissinotto
raggiunge un livello altissimo di qualità narrativa, più alto ancora dei suoi
già ottimi romanzi precedenti. La sua scrittura impeccabile segue la trama con
scioltezza, avvicinandoci al protagonista con lo sguardo distaccato di un
narratore interno, che per il lettore non è altri che Perissinotto stesso (l’autore
implicito del romanzo), uno sguardo che si rivela sempre più coinvolto.
I
personaggi possono sembrare surreali, ma il loro carattere rimanda a figure che
abbiamo conosciuto, incontrato o semplicemente visto in televisione, tanto da
portarci a leggere tra le righe un concreto messaggio di denuncia.
La
storia della Torino degli anni di piombo si avvicina pericolosamente a quella
attuale dei licenziamenti e della cassa integrazione; la società di adesso,
spartita in due categorie ben distinte in base al censo, non è che lo specchio,
uno specchio ingrandente, di quella degli anni settanta. Con i quartieri e le
case popolari, con gli immigrati dal meridione d’Italia (e non del mondo), con
gli istituti tecnici e le università come due mondi separati, la Torino delle
Brigate Rosse spaventa il lettore di oggi per la sua attualità.
Candidato
al Premio Strega 2013, Le colpe dei padri
ha il ritmo del romanzo giallo, la profondità del romanzo a sfondo sociale e la
progressione incalzante del romanzo di formazione, senza subire le limitazioni
di nessuno dei tre.
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