sabato 4 maggio 2013

Giuseppe Culicchia, Venere in metrò, Mondadori

Sabrina Cassia legge un brano del romanzo
Gaia ha appena ricevuto un sms dalla Eventi Avanti, la ditta per cui lavora, con il quale l’hanno serenamente licenziata. La cosa non sarebbe di per sé irrisolvibile, se non fosse che poco prima lei stessa ha inviato per sbaglio al marito un altro sms, destinato al suo amante, nel quale lodava la capacità di amatore dimostrata durante il loro incontro notturno. Così Gaia, trentottenne fashion-victim della Milano bene, si ritrova senza marito e senza lavoro in pochi istanti. Decide quindi di accompagnare personalmente sua figlia Elettra alla lezione di giocoleria circense, al posto della tata Conchita, ovviamente in ritardo, dopo essere andata a prenderla per sbaglio alla lezione di mimo e dopo aver scoperto che sua figlia aveva da poco cominciato le lezioni di rafting. Sta smessaggiando a raffica con le sue amiche Solaria e Ilaria, quando l’istruttore di Elettra le siede accanto e comincia a chiacchierare con lei, scambiandola per la tata.

“L’idea del libro è partita proprio da questo episodio, accaduto realmente ad una mia amica” racconta Giuseppe Culicchia al pubblico decisamente nutrito, radunato nella libreria La Casa dei Libri di Rivalta. “Aveva accompagnato il figlio ai giardini e un papà le aveva chiesto se era la nuova tata. Lei aveva risposto di no, che era la mamma, e il papà, stranito, le aveva detto: - Non sapevo che avesse una mamma! - Ecco, io mi sono chiesto come ci si può sentire con una risposta del genere e da lì è nata Gaia”.
Gaia vive a Milano, ed è un insieme di tutti i cliché possibili della donna in carriera. Segue parossisticamente la moda, frequenta i locali più fashion, commenta con le amiche le notizie gossip e spende, soprattutto spende a piene mani in modo compulsivo. Ma sin dalla prima pagina cominciano ad aprirsi delle crepe nella sua vita; le prime due sono i due sms di cui sopra, la terza crepa è la figlia Elettra.
“La ragazzina non sa di avere dei genitori, perché loro hanno fatto di tutto per sbarazzarsene, con corsi di teatro, rafting, tate e scuola steineriana. E’ il tipo di vita privilegiato di chi vive in Milano centro. La città rispetto a Torino ha una struttura diversa: il centro di Torino è ancora molto popolato, ci sono palazzi abitati anche da un miscuglio di ceti sociali. A Milano il centro è occupato da uffici, banche, assicurazioni, show-room”.
Culicchia ha sempre scritto di Torino, usandola come location  dei suoi romanzi, come fulcro dei suoi saggi, addirittura come casa, nel libro Torino è casa mia, (Laterza). Questa volta Milano era il posto giusto:
“E’ il primo libro in cui la voce narrante è quella di una donna e di un tipo di donna che doveva abitare a Milano. Io, come tutti i torinesi abituati a vivere nella squadrata Torino, mi perdo quando vado a Milano. Per scrivere Venere in metrò avrei dovuto abitarci per un po’ di tempo, ma l’idea mi gettava nello sconforto. Per fortuna mi ha aiutato un’amica, inviandomi i nomi dei locali più in”.
Gaia, senza saperlo, sta cercando qualcosa di solido a cui aggrapparsi: il marito è un adolescente invecchiato, l’amante le sta vicino solo finché c’è il marito, la madre è una ex-modella che la tormenta con la linea e le diete.
“Siamo in un ‘Italia incerta, che si è riempita di festival di ogni genere: spiritualità, filosofia… siamo alla ricerca di risposte e speriamo che qualcuno sul palco ci sappia spiegare” conclude lo scrittore, per lasciarsi poi bersagliare dalle domande del pubblico.
Perché questo genere di romanzo?
“Ho voluto raccontare la storia di una donna che, messa in grosse difficoltà, riesce ad uscirne fuori. Se devo immaginare qualcuno che legge il mio libro (già mi stupisco che qualcuno legga i miei libri), penso ad una lettrice che si arrabbi con Gaia, una che alla fine del romanzo faccia pace con lei”.
Quando decidi che il libro è finito, che non ha più bisogno di rimaneggiamenti?
“Quando scade il contratto. Ma ancor di più, quando il confronto con l’editor, cioè colui o colei che ti conosce bene, che ti consiglia e ti critica in modo costruttivo è concluso”.

 

 

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