domenica 7 aprile 2013

Sergio Pent, La casa delle castagne, Barbera


Siamo in Val di Susa, in un paese che somiglia a Sant’Antonino, ma potrebbe essere, nella memoria, uno qualunque dei nostri paesi di montagna, con il bar in piazza, il postino che conosce tutte le famiglie, i prati, le cime sullo sfondo e l’autostrada che taglia in due una valle che si fa sempre più stretta. Lui è guardiaparco sui monti dell’Orsiera Rocciavré; ama le valli, i boschi e le creature che può incontrare nelle solitarie giornate che trascorre lavorando. E’ affezionato al suo paese, non lo lascerebbe mai, seppur con i suoi mille difetti, seppur per un’Europa che sta nascendo in quest’ultimo anno del secolo scorso, il 1999.
E’ lui il protagonista dell’ultimo romanzo di Sergio Pent, e non ha nome. La scelta di  non nominare il nostro guardiaparco, perché di scelta si tratta, è un modo per far entrare direttamente il lettore nella vicenda, per farci immedesimare, pagina dopo pagina, nei tratti di questo giovane uomo solitario e silenzioso, che si ritrova di colpo proiettato indietro nel tempo.
Lo “stargate”, il meccanismo che lo risucchierà al 1990, e da qui al 1945, è una semplice lettera, scritta da una mano amata e mai dimenticata: Britta. Lei sì ha un nome, un nome che è una storia, perché anche sua nonna si chiamava così: Britta, ed era la moglie di un capitano tedesco, che all’inizio la seconda guerra mondiale fu sradicato dai banchi della scuola dove insegnava e mandato a combattere sui campi sanguinosi di quelle battaglie che adesso ricordiamo solo con nomi e date. Thomas Hochreither era poi arrivato, al termine della guerra, al paesino in Val di Susa, nel momento più difficile da gestire dalle forze armate e dalla Resistenza.
Il romanzo si svolge tutto al passato, ma la vera vicenda, il fulcro dell’intreccio, si dipana in una ventina di giorni del 1990, in cui una richiesta testamentaria sconvolge un’intera famiglia. Nonna Maria è morta, lasciando il marito scontroso, musone e sanguigno senza più nessuno che sappia tenergli testa, e chiedendo, come ultima volontà, che una spilla venga mandata in Germania, ad un indirizzo a tutti sconosciuto.
Il nonno accetta la richiesta di spedire la spilla, e a quel punto tutta la famiglia si chiude attorno ad un’ansia crescente per l’attesa di una risposta. Ma la risposta non arriva e, proprio quando si sta cedendo alla tentazione di credere che mai nessuno riceverà quel gioiello, si presenta al cancelletto di casa una splendida ragazza bionda. Il suo arrivo scompagina tutta la famiglia, naturalmente, ma è lui, il guardiaparco a ricevere il colpo più forte.

- Il mio protagonista ama la montagna e la solitudine - spiega Sergio Pent al pubblico riunito nella libreria La Casa dei Libri di Avigliana, - eppure l’intesa che si crea con la ragazza tedesca sarà una tentazione fortissima che lo invita, per la prima volta, alla fuga. -
Ma le cime dei monti, i laghi splendenti e il cielo mutevole non sono facili da lasciare.
- La mia è una storia di persone, ma anche della Val di Susa. Mi piace far conoscere la Valle con la geografia dell’anima, che cerco di ricreare nel lettore. E’ una storia d’amore verso i luoghi e verso le generazioni dei padri e dei nonni; vite che si sono incontrate in un momento particolare della storia, che in un altro forse avrebbero seguito un distino diverso – spiega lo scrittore al pubblico.

E’ un pubblico preparato, che ha già letto il suo romanzo, che segue le critiche letterarie di Pent su “Tuttolibri” della Stampa, i suoi pezzi sull’Unità; non un semplice uditorio, ma un vero e proprio interlocutore attento ed esigente. Riconosce nei tratti dei protagonisti qualche persona conosciuta, o forse solo immaginata.
- I personaggi del romanzo non sono reali, ma emblematici. Alcune figure sono presenti nei nostri ricordi, nella memoria collettiva di un paese, di una cittadina; cambiano i nomi, i tratti somatici, ma resta il ricordo comune di un mondo che non c’è più. Per questo l’ho ambientato nel 1999, perché è stato l’ultimo anno in cui eravamo ancora Italia: benché affacciati al nuovo millennio, vedevamo l’Europa ancora lontana. Poi il mondo di paese è cambiato, se n’è persa l’essenza senza tuttavia acquisire i vantaggi di una vera comunità europea – conclude.

- Questo romanzo mi ha affascinato e commosso – dice Martina Franchino, la proprietaria della Casa del Libri. – Mi sono ritrovata nel protagonista, il nipote che ascolta i vecchi raccontare i fatti, ognuno con le proprie ragioni, ognuno vinto e vincitore, ma in fondo entrambi dei vecchi, non più dei nemici. -

 

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