A
chi non è mai venuto il desiderio di un viaggio nel tempo? Non parlo di
astronavi intergalattiche o di megalopoli con robot al servizio di umani
longevi e ipertecnologici; parlo di un viaggio nel passato, di quell’emozione che
tanti film ci hanno trasmesso, di vedere con i nostri occhi imperturbabili del
terzo millennio momenti ormai trascorsi e presenti solo nei nostri ricordi.
Ebbene,
c’è un metodo semplicissimo per percepire l’ebbrezza di una tale emozione: percorrere
in primavera una strada provinciale, che dalla pianura salga lentamente in
montagna.
Mi
raccomando: non un’autostrada.
E
non dovete usare mezzi veloci come la vostra automobile nuova e scattante. No,
dovete procurarvi una bicicletta e pedalare lentamente, o meglio ancora salire
su uno dei rari mezzi pubblici che ancora si riesce a trovare. Certo, il fatto
che la loro data di fabbricazione sia precedente alla vostra data di nascita, può
costituire in effetti un viaggio nel passato, ma la scelta di questo pacifico mezzo
di trasporto è dovuta al motivo che è l’unico che riesca a percorrere una
trentina di chilometri in un’ora e venti minuti, ovviamente non considerando
trattori e veicoli a tre ruote.
Salite
fiduciosi in una delle fermate della grande città di pianura, ma sedendo su uno
dei suoi sedili in finta pelle, premuratevi di scegliere un posto vicino al
finestrino che, per quanto opaco, vi permetterà di sbirciare oltre il ciglio
della strada. Ed ecco che, partito il roboante veicolo, vedrete sfilare i
marciapiedi, le fermate coperte, le altre auto strombazzanti del centro di una
città. Ma poi i semafori verdi, i tratti straordinariamente veloci (talvolta
anche alla velocità di cinquanta kilometri orari) vi porteranno tra casette
basse, in cui fanno capolino minuscoli giardini circondati da nanetti ed
anfore, decorati da siepi e autobloccanti. Ed è lì che, nei primi giorni della
calda primavera, vedrete i gialli cespugli di forsizia cangiare al verde
brillante, i biancospini fremere di bianchissimi e profumati fiorellini, i ciliegi
scoppiare come manciate di grassi pop-corn.
Poi,
quando la salita incalza e le marce si abbassano, costringendo il motore a
rombi tossenti, ecco che i giardini si dilatano, le siepi si allungano e le forsizie
tornano al loro giallo sfolgorante, i biancospini mostrano qua e là corolle di
infiorescenze candide e i ciliegi spingono gruppi di fiori candidi e di
boccioli semichiusi.
E
finalmente, dopo una serie di strette curve e rettilinei improvvisi, appare il
paese di montagna e le casette, non sempre circondate da reti o recinzioni
fittizie, si alternano a pascoli verde pallido, a boschetti così curati che sembrano uno
scenario teatrale. La vostra immaginazione, come pungolata da una lieve scossa,
si ritroverà trasportata alla fine di febbraio, nel freddo di prati gialli e
bruciati dal gelo, tra lingue di neve da cui spuntano lembi di verde e piccoli
ciuffi di primule gialle. Non saranno necessari i muri in pietra, le finestre
piccole dalle imposte massicce a trascinarvi indietro nel tempo, basteranno i
semplici ciliegi, ancora stecchiti e neri nei boschi spogli.
Et
voila, la magia è fatta.
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