venerdì 26 aprile 2013

Viaggio nel tempo


A chi non è mai venuto il desiderio di un viaggio nel tempo? Non parlo di astronavi intergalattiche o di megalopoli con robot al servizio di umani longevi e ipertecnologici; parlo di un viaggio nel passato, di quell’emozione che tanti film ci hanno trasmesso, di vedere con i nostri occhi imperturbabili del terzo millennio momenti ormai trascorsi e presenti solo nei nostri ricordi.
Ebbene, c’è un metodo semplicissimo per percepire l’ebbrezza di una tale emozione: percorrere in primavera una strada provinciale, che dalla pianura salga lentamente in montagna.
Mi raccomando: non un’autostrada.
E non dovete usare mezzi veloci come la vostra automobile nuova e scattante. No, dovete procurarvi una bicicletta e pedalare lentamente, o meglio ancora salire su uno dei rari mezzi pubblici che ancora si riesce a trovare. Certo, il fatto che la loro data di fabbricazione sia precedente alla vostra data di nascita, può costituire in effetti un viaggio nel passato, ma la scelta di questo pacifico mezzo di trasporto è dovuta al motivo che è l’unico che riesca a percorrere una trentina di chilometri in un’ora e venti minuti, ovviamente non considerando trattori e veicoli a tre ruote.
Salite fiduciosi in una delle fermate della grande città di pianura, ma sedendo su uno dei suoi sedili in finta pelle, premuratevi di scegliere un posto vicino al finestrino che, per quanto opaco, vi permetterà di sbirciare oltre il ciglio della strada. Ed ecco che, partito il roboante veicolo, vedrete sfilare i marciapiedi, le fermate coperte, le altre auto strombazzanti del centro di una città. Ma poi i semafori verdi, i tratti straordinariamente veloci (talvolta anche alla velocità di cinquanta kilometri orari) vi porteranno tra casette basse, in cui fanno capolino minuscoli giardini circondati da nanetti ed anfore, decorati da siepi e autobloccanti. Ed è lì che, nei primi giorni della calda primavera, vedrete i gialli cespugli di forsizia cangiare al verde brillante, i biancospini fremere di bianchissimi e profumati fiorellini, i ciliegi scoppiare come manciate di grassi pop-corn.
Poi, quando la salita incalza e le marce si abbassano, costringendo il motore a rombi tossenti, ecco che i giardini si dilatano, le siepi si allungano e le forsizie tornano al loro giallo sfolgorante, i biancospini mostrano qua e là corolle di infiorescenze candide e i ciliegi spingono gruppi di fiori candidi e di boccioli semichiusi.
E finalmente, dopo una serie di strette curve e rettilinei improvvisi, appare il paese di montagna e le casette, non sempre circondate da reti o recinzioni fittizie, si alternano a pascoli verde pallido, a  boschetti così curati che sembrano uno scenario teatrale. La vostra immaginazione, come pungolata da una lieve scossa, si ritroverà trasportata alla fine di febbraio, nel freddo di prati gialli e bruciati dal gelo, tra lingue di neve da cui spuntano lembi di verde e piccoli ciuffi di primule gialle. Non saranno necessari i muri in pietra, le finestre piccole dalle imposte massicce a trascinarvi indietro nel tempo, basteranno i semplici ciliegi, ancora stecchiti e neri nei boschi spogli.
Et voila, la magia è fatta.

 

 

 

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