giovedì 8 novembre 2012

Novembre


Novembre, il mese opaco; trenta giorni che sembrano i più lunghi dell’anno.
E’ inverno, ma senza il Natale; è freddo, ma senza la neve. Il buio scende nel pomeriggio, quando ancora ci sembra di avere tutta la giornata davanti; la pioggia attraversa gli strati di lana che abbiamo scovato, frugando a malincuore tra gli abiti di cotone e le magliette estive, ormai accantonate. Le foglie tentennano sui rami degli alberi, incapaci di scegliere e, nell’attesa, il loro colore sbiadisce lentamente ai raggi del sole al tramonto.
Il primo giorno di novembre è il più triste: vaghiamo tra le tombe grigie, scricchiolando ghiaia con le nostre scarpe eleganti; sentiamo gli spifferi gelidi sotto le falde del giubbotto leggero, ma ancor di più odiamo il sole luminoso che non scalda e svanisce presto, troppo presto.
Eppure solo novembre, con la sua vaghezza, la sua indeterminazione, ci stupisce con i mattini più splendenti di rossi e gialli, ci sorprende alla sera con una nevicata leggera e magica. Negli orti le piante appassiscono e si accartocciano, ma i cavoli esultano con le loro foglie grasse, gonfiandosi in una corona dal cuore sostanzioso. Le castagne sono ottime con il vino rosso e il miele, la zucca ammicca col ghigno fasullo della festa importata di Halloween e si lascia cucinare in cento modi succulenti. Gli amici entrano volentieri nella nostra cucina calda e odorosa di biscotti, avvicinando le mani al fuoco di legna e la vicinanza è già una festa.
E con la scusa del buio, la giornata lavorativa sembra più breve e, prima di sederci a tavola, in attesa che la pasta sia cotta, o il pasticcio ben caldo nel forno, ci sediamo in poltrona a leggere un bel romanzo: tanto è già sera. 

 

 

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