giovedì 28 giugno 2012

Eowyn Ivey, La bambina di neve, Einaudi

Pubblicato su Corriere della sera, La Lettura, 12 febbraio 2012

Quanto può influire il desiderio di maternità sulla vita di una donna? Come può essere stravolto il destino di una coppia felice dalla mancanza di un figlio? Molto, indubbiamente, ma forse ancor di più se la coppia in questione non è più giovane e vive all'inizio del secolo scorso. Mabel è una donna benestante, con una solida cultura; Jack proviene da una famiglia di contadini, ma la loro è un'unione ben riuscita, al di là della previsioni familiari. Eppure l'assenza di figli li espone al mondo come marchiati dalla vergogna, rendendo insopportabili le riunioni di famiglia e gli incontri con le coppie appagate degli amici. Finalmente Mabel porta avanti una gravidanza, tra i timori e le aspettative, ma il figlio nasce morto. La spaccatura è incolmabile nel suo cuore e i due decidono di lasciare il mondo civile, per nascondersi nelle fredde e inospitali terra d'Alaska. Mabel, dapprima distrutta, pian piano si risolleva e una sera d'autunno, con la prima neve, ritrova la complicità con il marito e costruisce con lui un pupazzo. E' solo l'inizio di un romanzo coinvolgente e impeccabile, che sposta il baricentro del lettore mostrandogli i lati spesso oscuri della psiche umana, e riducendo all'osso, grazie all'atmosfera scabra e genuina delle foreste dell'Alaska, i sentimenti. L'amore e l'amicizia diventano i veri protagonisti di questo libro, nonché gli unici motori dell'esistenza.

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