Per la
terza volta Enrico Camanni ci fa condurre sulle montagne da Nanni Settembrini,
torinese trapiantato come guida a Courmayeur, capo della stazione di Soccorso
Alpino della stessa città, conoscitore delle cime e delle loro storie.
In un
luglio tiepido, in cui l’estate sembra indecisa se arrivare o meno, Nanni parte
per le Dolomiti; la scusa accompagnare tre fedelissimi clienti di Ivrea, il
motivo reale una delle sue tante fughe, quelle che la ex-moglie Clara non
tollerava, quelle che Camilla ha imparato a rispettare.
La
montagna è affascinante, il rifugio accoglie e incoraggia: con i quattro della
comitiva, cenano due ragazzi, Luca e Marco, due giovani che abbiamo incontrato
all’inizio del romanzo, in un parallelo tra il giovane Nanni, contestatore sessantottino,
e gli universitari in rivolta per i tagli della riforma scolastica.
Nanni
vede nei due ragazzi la sua stessa determinazione degli anni giovanili: una
caparbietà mista all’energia sfrenata; li sente vicini, li ammira. Per questo,
quando il giorno dopo la sua comitiva viene sorpresa da un violento temporale
estivo sulla via ferrata degli Alleghesi, sul crostone della Civetta, non può
non preoccuparsi per i due arrampicatori, in pericolo sul diedro Phillip:
quaranta tiri di corda per arrampicatori esperti e “cattivi”.
Ma la
salita non è solo avventura, esercizio fisico e tecnica, è anche un modo di
affrontare la vita; Settembrini, pensando ai due ragazzi, pensando a sé stesso
ragazzo, capisce senza rimpianti che non
c’è niente che possa riportare un adulto alla “verginità dell’esperienza”, al
ragazzo che era in lui.
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