Ci
sono avvenimenti storici che restano nell’immaginario collettivo per decenni,
per secoli, che vengono tramandati dalle generazioni e, creando miti moderni,
intrecciano le storie famigliari alla storia mondiale. Uno di essi è la
Battaglia d’Inghilterra, il gesto abominevole dell’esercito nazista che, dopo
mille anni da quella battaglia di Hastings, combattuta sul suolo britannico da
Guglielmo il Conquistatore, riportò per la prima volta una guerra direttamente
nelle case degli inglesi.
Molti
romanzi hanno come punto di partenza la
fuga dei bambini da Londra, e la loro accoglienza da parte degli abitanti dei
paesini di campagna. Da “Pomi d’ottone e manici di scopa” a “Le cronache di
Narnia”, quel lungo periodo fiabesco ha creato una sorta di mondo magico, di
quinta dimensione in cui tutto è possibile.
La
lunga narrazione di “Una lontana follia” è articolata su diversi livelli
temporali, intrecciati e collegati l’uno all’altro, ma il fulcro della vicenda è
situato in quei giorni terribili, in cui Londra fu bombardata dai tedeschi, e i
genitori londinesi preferirono separarsi dai loro figli, per vederli al sicuro
nella campagna, lontano dalle bombe.
Meredith,
la madre della protagonista e narratrice, è uno di quei bambini. Nel 1939 sale
sul treno che la porterà a Middlehurst, ospite in un castello magnifico. In
quel maniero vivono tre sorelle, a cui Meredith si affezionerà al punto di non
voler più tornare a Londra.
Ma
i genitori non vogliono sentir ragioni e la riporteranno a casa, senza capire
che Meredith non è più la ragazzina che ha lasciato Londra e che le tre sorelle
hanno instillato l’amore della parola, della letteratura nella sua mente.
Di
tutto questo la figlia Edith non sa nulla, quando, una banalissima domenica, si
trova a casa dei genitori, proprio nel momento in cui viene recapitata alla
madre una lettera scritta cinquant’anni prima e mai consegnata, che avrebbe
sicuramente cambiato il suo futuro.
Come
in una caccia a tesoro, Edith parte da quella lettera misteriosa per cercare di
riallacciare un rapporto profondo con la madre, sempre più lontana ed assente.
Vedrà il meraviglioso maniero, conoscerà le tre sorelle ormai molto anziane,
scoprirà via via tracce della loro e della sua vita seguendo il percorso di un
libro che, fin dalla sua infanzia, ha fatto da leit motiv delle sue fantasie
letterarie: “L’Uomo del fango”.
Con
una scrittura ricca, curata, mai monotona, Kate Morton disegna situazioni e
paesaggi gotici, che richiamano la sua formazione di studiosa dell’epoca
vittoriana. I suoi personaggi vengono tratteggiati nel corso dei capitoli, con
un alternarsi temporale della narrazione, che porta il lettore dal mondo cupo e
tragico, seppur affascinante, della seconda guerra mondiale, al presente
dell’Inghilterra del 1992, creando e svelando misteri.
Un
romanzo semplice e scorrevole, una lettura leggera ma che lascia il segno.
Un’unica
curiosità resta inappagata: riusciremo mai a leggere “L’Uomo del fango”?
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