lunedì 25 giugno 2012

Kate Morton, Una lontana follia, Sperling


Ci sono avvenimenti storici che restano nell’immaginario collettivo per decenni, per secoli, che vengono tramandati dalle generazioni e, creando miti moderni, intrecciano le storie famigliari alla storia mondiale. Uno di essi è la Battaglia d’Inghilterra, il gesto abominevole dell’esercito nazista che, dopo mille anni da quella battaglia di Hastings, combattuta sul suolo britannico da Guglielmo il Conquistatore, riportò per la prima volta una guerra direttamente nelle case degli inglesi.
Molti romanzi hanno come punto di  partenza la fuga dei bambini da Londra, e la loro accoglienza da parte degli abitanti dei paesini di campagna. Da “Pomi d’ottone e manici di scopa” a “Le cronache di Narnia”, quel lungo periodo fiabesco ha creato una sorta di mondo magico, di quinta dimensione in cui tutto è possibile.
La lunga narrazione di “Una lontana follia” è articolata su diversi livelli temporali, intrecciati e collegati l’uno all’altro, ma il fulcro della vicenda è situato in quei giorni terribili, in cui Londra fu bombardata dai tedeschi, e i genitori londinesi preferirono separarsi dai loro figli, per vederli al sicuro nella campagna, lontano dalle bombe.
Meredith, la madre della protagonista e narratrice, è uno di quei bambini. Nel 1939 sale sul treno che la porterà a Middlehurst, ospite in un castello magnifico. In quel maniero vivono tre sorelle, a cui Meredith si affezionerà al punto di non voler più tornare a Londra.
Ma i genitori non vogliono sentir ragioni e la riporteranno a casa, senza capire che Meredith non è più la ragazzina che ha lasciato Londra e che le tre sorelle hanno instillato l’amore della parola, della letteratura nella sua mente.
Di tutto questo la figlia Edith non sa nulla, quando, una banalissima domenica, si trova a casa dei genitori, proprio nel momento in cui viene recapitata alla madre una lettera scritta cinquant’anni prima e mai consegnata, che avrebbe sicuramente cambiato il suo futuro.
Come in una caccia a tesoro, Edith parte da quella lettera misteriosa per cercare di riallacciare un rapporto profondo con la madre, sempre più lontana ed assente. Vedrà il meraviglioso maniero, conoscerà le tre sorelle ormai molto anziane, scoprirà via via tracce della loro e della sua vita seguendo il percorso di un libro che, fin dalla sua infanzia, ha fatto da leit motiv delle sue fantasie letterarie: “L’Uomo del fango”.
Con una scrittura ricca, curata, mai monotona, Kate Morton disegna situazioni e paesaggi gotici, che richiamano la sua formazione di studiosa dell’epoca vittoriana. I suoi personaggi vengono tratteggiati nel corso dei capitoli, con un alternarsi temporale della narrazione, che porta il lettore dal mondo cupo e tragico, seppur affascinante, della seconda guerra mondiale, al presente dell’Inghilterra del 1992, creando e svelando misteri.

Un romanzo semplice e scorrevole, una lettura leggera ma che lascia il segno.
Un’unica curiosità resta inappagata: riusciremo mai a leggere “L’Uomo del fango”?

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