Sono
seduta su una scomoda panchina di un vago materiale, intermedio tra la plastica
e un qualche metallo; l’orologio digitale a grandi caratteri segna le dieci e
cinque, ma a me sembra di essere qui da ieri sera. La cassiera di fronte a me
ha alle spalle un contatore, digitale anch’esso, che con linee quadre
simboleggia il numero diciotto. Nella mia mano si scalda fiero un foglietto a
freccia con su stampato il diciannove; saltella come un calciatore che sta per
entrare in campo, come le mie gambe intorpidite.
D’un
tratto la donna, la cui schiena resterà per sempre nella mia memoria, saluta,
afferra la borsetta sul banco e si allontana.
Io
scatto in piedi, già col sorriso d’ordinanza, ma la cassiera platino dietro il
vetro antiproiettile è già in piedi e le sue labbra pronunciano un flebile: - Pausa
caffè? - che mi getta nello sconforto.
- Oggi
è giovedì - ribatte la tesoriera al suo fianco trasportandomi d’improvviso su
poltroncine di velluto, ad assistere ad una rappresentazione di Ionesco. Mi aspetto
che il diafano cassiere al suo fianco, fissando un punto in alto, lontano da
ogni cosa, risponda:
- Non
è di qua, ma è di là. -
Invece
lui si volta verso le doppie porte scorrevoli e sorride: – Eccolo – dice.
Un
coro di festanti saluti accoglie l’ingresso di un signore mingherlino, dai
capelli color paglia, mentre un incomprensibile buonumore serpeggia tra la
gente immusonita in coda. Come posseduti da uno spirito buono, le persone si
sorridono, si riconoscono, scambiano sguardi fino a prima fissi sui vetri
antiproiettile degli sportelli. E la parola “caffè” compare in minime
conversazioni improvvisate.
E’ un
rito da cui, con una punta di amarezza, sto per sentirmi esclusa, ma non c’è
tempo: l’uomo si avvicina anche a me:
-
Caffè normale? Macchiato, lungo? -
Rispondo
incerta e lo vedo sparire. Era uno scherzo? Un sogno causato dalla noia?
Mi
avvicino allo sportello; la cassiera, sconosciuta, mi sorride allegra. Ritiro
le mie carte e mi volto salutando, ed eccolo: tra le due strette ante
scorrevoli, appare un vassoio con sei tazze e la banca, dalle orribile piante
di plastica, dagli odori sintetici, viene inondata di aroma tostato.
Credo
proprio che il prossimo versamento lo eseguirò di giovedì.
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