L’estate sta finendo, cantavano i Righeira quando erano
ancora agli inizi del loro declino. In
spiaggia di ombrelloni non ce ne sono più, proseguiva il testo
dimenticabile, riferendosi ad un settembre ancora tiepido ma ormai
definitivamente scolastico e lavorativo. Il messaggio, semplice ma efficace,
puntava a comparare la desolazione di una spiaggia ad autunno imminente con la
solitudine dello sfigato, la cui ragazza ha già chi la consola dopo la fugace avventura
estiva con lui. C’era, nell’allegra canzoncina, una tristezza di fondo: la fine
di una storia sentimentale, seppur frivola e superficiale, veniva accomunata alla
stagione umida e fredda e all’imminenza del grigio autunno.
Mi sono sempre
chiesta, oltre all’ovvia domanda sul perché qualcuno debba ascoltare i Righeira,
perché l’autunno venga considerato una stagione deprimente, la cosiddetta
“brutta stagione”.
Per me è
meravigliosa!
Certo, l’estate è
la stagione delle vacanze, delle ferie quasi obbligate (soprattutto per noi
piemontesi, figli della tradizione FIAT e della chiusura ad agosto); ma è in
settembre che comincia la parte interessante dell’anno.
La programmazione cinematografica sfodera i titoli più belli, la case editrici portano in libreria gli autori migliori e i romanzi che diventeranno i fiori all’occhiello del catalogo Strenne, la cucina abbandona carpacci e insalate per affrontare i piatti e gli ingredienti della tradizione nostrana, il freddo rosé lascia finalmente il posto ai rossi corposi e ben invecchiati, mentre teatri e sale presentano la nuova stagione di spettacoli.
La programmazione cinematografica sfodera i titoli più belli, la case editrici portano in libreria gli autori migliori e i romanzi che diventeranno i fiori all’occhiello del catalogo Strenne, la cucina abbandona carpacci e insalate per affrontare i piatti e gli ingredienti della tradizione nostrana, il freddo rosé lascia finalmente il posto ai rossi corposi e ben invecchiati, mentre teatri e sale presentano la nuova stagione di spettacoli.
Ma perché ne sto
parlando adesso, che agosto è ancora nel pieno delle sue forze e l’autunno è
lontano? Perché così non è, cari miei, almeno non qui, tra i boschi di castagni
e faggi che mi circondano.
Dopo il caldo
infernale contro cui nulla serve e nulla si può fare (tranne inquinare il
pianeta con i condizionatori), la pioggia di metà agosto porta sempre un po’ di
fresco: le finestre in città si spalancano e un primo, timido refolo d’aria entra
nelle case roventi. Ma è solo un intervallo: il sole scalderà ancora.
Qui no, qui il 15
d’agosto è un giro di boa, è un cambio di stagione. Il calendario non lo dice?
Pazienza, noi sappiamo che a 901 metri s.l.m. l’autunno è già cominciato, con i
calzettoni alla sera, i golf sulle magliette, la coperta sulle lenzuola. I
comignoli cominciano a sbuffare fumo nei giorni di pioggia, i cagnolini si
acciambellano in braccio mentre guardiamo un film e i gatti diventano grassi e
soffici di pelo. Così, nelle sere di questi giorni di metà agosto, mentre sulle
spiagge si liberano lanterne giapponesi e si sorseggia sangria, io posso
sdraiarmi in poltrona ad ascoltare la pioggia dai vetri, gustando un bicchiere
di barbaresco. E se il libro che ho tra le mani non è una novità
autunnale, è solo perché non è ancora stato pubblicato.
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