lunedì 5 maggio 2014

Massimo Tallone, L'amaro dell'immortalità, Fr. Frili


Cos’è l’amore, quel sentimento vago, indefinibile che tanta materia regala a poeti e narratori? Molti hanno tentato di descriverlo; sensazione di euforia, di ebbrezza o, al contrario, di vuoto angosciante, di sete inestinguibile. Nessun risultato: se non lo si prova non lo si conosce, si può solamente credere alle parole digerite da chi lo ha sperimentato e, magari, messo in musica.
Anche il Cardo, quell’essere quasi umano che vive in una stanza abbandonata nelle vecchie cascine di Stupinigi, anche lui, finalmente, lo ha conosciuto e ha scoperto che “si può soffrire e piangere senza ritegno al pensiero che lei possa star male, o all’idea che possa andarsene”.

Cosa fare allora per trattenere l’amata? Come rendere concreto, reale quel che è così evanescente ed effimero? Innanzitutto con il denaro, semplice; per poter mantenere colei che tanta gioia dà ai nostri occhi e al nostro cuore, per proteggerla, per farle regali. Così anche il Cardo non può più evitare queste trappole e, per la prima volta nella sua vita, cade in un vortice che lo trascina verso qualcosa di terribile e, fino a poco prima, inaccettabile: un lavoro. Non solo, ma un lavoro onesto.
Ovviamente nessuno lo deve sapere, ne andrebbe della sua reputazione; lui, il  nullafacente per antonomasia abbassarsi a firmare un contratto (a tempo determinato, non esageriamo) e ad alzarsi ogni mattina dal suo lurido futon, con le pulci e i pidocchi a tenergli compagnia, e a recarsi al supermercato per piegare scatoloni. Se dovesse spargersi la voce, sarebbe un’onta irreparabile.
Per fortuna il destino gli mette davanti uno strano personaggio che gli offre un’occasione migliore: dipingere un trompe l’oeil per una cifra ingente, anzi, smisurata. C’è solo un intoppo, per due settimane dovrà trasferirsi nelle Langhe, a casa del cliente e abbandonare la sua amata. Resisterà?
Nel lambiccarsi il cervello su questa domanda, però, il nostro pittore si è dimenticato di riflettere a fondo sulla questione più seria e cioè: ma perché diamine un miliardario dovrebbe proprio commissionare a lui quel lavoro?










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