Siamo
nei primi anni del Novecento e Torino è una città splendente; la Belle Époque
giunta da Parigi sta illuminando le vie, i palazzi e le donne, che diventano
ogni giorno più allegre e vivaci. Almeno quelle della buona società.
Eufrasia
non appartiene ad esse; suo padre è un operaio della fornace di mattoni della
famiglia Barbera, e lei vive in un
“ciabòt” senza acqua corrente, pigiata con gli altri membri della famiglia in
uno spazio ristretto e malsano. Ma il suo carattere risoluto le fa credere che
esista qualcosa di più importante del ceto sociale: la sua intelligenza.
Proprio
in quel giorno Eufrasia cammina veloce sui polacchini, ben in vista da quando
ha accorciato, con un gesto irriverente, l’orlo della gonna di quindici
centimetri. La sua statura e la sua bella presenza non la fanno passare
inosservata, ma lei non si cura di chi può guardarla per strada: sta andando in
piazza Castello, ad un appuntamento con un uomo affascinante che non si farà
aspettare e di cui, senza volerlo ammettere, è già innamorata. È Marco Barbera,
uno dei proprietari della fornace, il suo titolare, da quando ha iniziato a
lavorare nell’ufficio contabilità.
La
visione del mondo della ragazza, così progressista per quegli anni, è dovuta
anche a suo padre Giacomo, così chiamato in onore di Puccini dalla madre, sarta
di scena, che lo partorì dietro le quinte. Egli ha sempre creduto fermamente
nell’importanza dell’istruzione e ha voluto dare più possibilità ai suoi figli,
mandandoli alla scuola gratuita delle suore. Egli stesso capisce perfettamente
che la spartizione sociale in ricchi e poveri è troppo divaricata e cerca un
riscatto con i primi scioperi e le proteste, divenendo il leader dei fornaciai.
Marco,
il padrone, non sarà un ostacolo, la sua mente aperta e la sua generosità
permetteranno le prime conquiste agli operai dei mattoni: una cooperativa delle
Fornaci Riunite e una cassa mutualistica.
Non
per questo la distanza di censo tra Marco e Eufrasia potrà essere colmata: Giacomo
non permetterà, d’accordo con la concreta figlia, un matrimonio impossibile. La
ragazza dovrà sposare qualcuno di più adatto alla sua condizione, qualcuno che
suo padre ha già ben definito nella mente, sperando che la ragione possa aver
la meglio sui sentimenti.
Giuliana
Barbera Castiglia ci guida con bravura lungo la storia di sua nonna, personaggio
per lei affascinante e avvolto da un’aura di mistero, non avendola conosciuta
personalmente. La vicenda privata e intima, che l’autrice arricchisce con la
fantasia, colmando le lacune di una storia familiare incompleta, viene
perfettamente intrecciata ai fatti chiave dei movimenti sociali di inizio
secolo: le rivolte operaie, le prime emancipazioni femminili, le scoperte e le
invenzioni che si impongono alla tecnologia e alla scienza in modo perentorio
in quegli anni di fermento.
Un
romanzo ricco e avvincente, che coinvolge il lettore e lo cattura in una trama
densa e imprevedibile, con personaggi degni dell’alta narrativa storica. Sotto
le molte vicende e i colpi di scena il lettore viene accompagnato nel corso di
tutto il romanzo da un sottofondo costante, un filo rosso appena percepibile ma
che sta decisamente a cuore all’autrice: l’amore per la cultura.
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