domenica 25 maggio 2014

Lorenzo Alessandri, a cura di Concetta Leto, Zorobabel, e Hotel Surfanta, ed. Skira

Avevo in casa ormai da molti mesi il libro Zorobabel, volume di Memorie del pittore Alessandri curato dalla professoressa Concetta Leto. Lo tenevo in un luogo privilegiato del salotto, pronto ad ogni consultazione, impulsiva o ponderata, fulminea, come cedendo ad un capriccio, o lenta, per gustare con la giusta calma più brani. Al suo fianco il meraviglioso Hotel Surfanta, il volume di Skira che contiene le trentatré Camere o Interni, pitture realizzate dall’artista negli anni Ottanta, anch’esso curato dalla Leto in modo “fedele il più possibile al menabò delle Camere lasciatoci da Alessandri”.

Mi capitava, così, di aprire a caso l’uno o l’altro; di osservare i magnifici dipinti o di leggere brani degli scritti che il pittore annotava, con rigorosa attenzione, quasi ogni giorno, creando nella mia mente un’immagine di lui che andava via via chiarendosi.
La mia lettura disomogenea, istintiva, che potrebbe sembrare superficiale, non è però del tutto da condannare: gli scritti stessi sembrano adattarvisi senza problemi. Come spiega la curatrice nella prefazione: “Pensieri e sentimenti si susseguono ricostruendo un profilo di un’anima vissuta con il desiderio di donarsi completamente all’arte”.
Terminata la lettura non credo di aver completato l’immagine di Alessandri, né credo sia possibile a nessuno come non lo è stato forse neanche per lui, ma posso dire di conoscerlo meglio, grazie alla sua scrittura. La figura di questo artista stravagante, misterioso, si andava per me svelando senza perdere in alcun modo parte del fascino che i suoi dipinti provocano in chi li ammira: conoscevo i suoi quadri inquietanti, in cui mostri orrendi vengono affiancati a splendide ragazze nude; dove architetture fatiscenti o rovine fanno da sfondo a sabba infernali, arricchiti da simboli esoterici o da personaggi deformi con espressioni grottesche. Questo era ciò che conoscevo del pittore Alessandri; ben poco, ora che Concetta Leto mi ha mostrato, con Zorobabel, il vero volto dell’artista.
Così ho deciso di scriverne una recensione. Ma il mio campo è la narrativa, la mia materia sono il romanzo e il racconto; dunque perché uno scritto di memorie? Perché non c’è nulla di più narrativo della vita stessa. Un uomo nasce e vive e nella sua esistenza si dipanano, per quanto banale e monotona possa essere, mille trame. Incontrerà personaggi, vivrà passioni, supererà ostacoli o da esso verrà sopraffatto. Allora quanto può esserci di più narrativo del diario di un uomo la cui vita è stata ricchissima ed affascinante?
Molto si è detto su Lorenzo Alessandri, sui lati oscuri, misteriosi della sua esistenza. Vivendo nel suo stesso paese, avendolo conosciuto, sebbene in modo estremamente superficiale, ho potuto vedere il personaggio attraverso lo sguardo sospettoso della gente, che lo ha trasformato in un satanista bizzarro e, forse, pericoloso.
Certamente egli stesso aveva creato attorno a sé, fin dagli anni della Soffitta Macabra, nella quale si riuniva con gli intellettuali suoi amici, un alone misterioso. L’amore per l’esoterismo, per la spiritualità orientale, unito alle sensazioni forti che le deformità umane o dei mostri da lui creati procurano a chi osserva i suoi dipinti, lo hanno fomentato.
Era un uomo curioso e interessato a tutto ciò che è strano; la sua intelligenza aperta e vivacissima era costretta nei dogmi di una famiglia tradizionalista. Il desiderio di evasione e di scoperta era fortissimo: “Tutti cercavamo qualcosa e tutti qualcosa trovammo” scrive di quei primi anni di incontri nella Soffitta Macabra.
Il grottesco, l’esoterico, il misterioso, ma anche il misticismo e l’ascesi sono le spinte che hanno contribuito a fare dell’ uomo un personaggio, una leggenda, a cui la sua arte sottostava, ma sempre senza perdere di vista la dignità umana e la compassione.
“Oggi ho letto un articolo sul Cottolengo” scrive il 25 maggio 1950. “E’ disastroso nella mia anima constatare che io non ho mai fatto niente per i mostri umani, per quegli stessi mostri umani che tanto eccitano la mia fantasia e che disegno con grande passione […]. Devo rinunciare a disegnare sinceramente i miei mostri perché da oggi mi sono imposto un debito di riconoscenza e di amore per questi esseri disgraziati”.

Concetta Leto ha dedicato molti anni ed enormi energie a raccogliere e selezionare materiale per questo volume con l’intento di scoprire il vero volto di Alessandri. Quel che ne emerge è il ritratto di un uomo originale e bizzarro, che amava con tutto se stesso la luna, che adorava la notte, la musica. Un uomo che credeva nell’amicizia e nella collaborazione: in diverse occasioni cercò di riunire gli artisti torinesi, con sodalizi intellettuali, luoghi di incontro e manifestazioni collettive, perché con il loro lavoro potessero arricchire reciprocamente le diverse esperienze. Talvolta prevalse l’individualismo, ma in altri casi il suo carisma agì da catalizzatore, come nel gruppo artistico Surfanta, nel quale radunò artisti suoi coetanei, come l’amico Abacuc.
Grazie ai suoi scritti, scopriamo che quel che noi consideravamo un lato oscuro era invece fonte di stupore e di divertimento, grazie al suo brillante intelletto e al suo spiccato senso dell’umorismo, che rende la sua stravaganza ancor più affascinante.
Nelle pagine di Zorobabel incontriamo insomma un artista vivace e generoso, per cui la vita era una continua scoperta; un maestro che non temeva i confronti e voleva vivere nella pienezza.


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