La
sera di venerdì 14 giugno ha avuto inizio la rassegna letteraria Libri in
valigia. Organizzata da Edoardo Favaron, volontario del Cinema Teatro San Lorenzo,
è alla sua seconda edizione, ma dato il successo riscosso, potrebbe diventare
un evento fisso dell’estate giavenese.
La
prima sera è stato ospite della rassegna lo scrittore Gianni Oliva, con il suo
ultimo saggio storico Un regno che è
stato grande (ed. Mondadori). Autore molto conosciuto in tutta Italia, è di
casa in Val Sangone, date le sue origini coazzesi, ma non è questo il solo
motivo per cui la sala era al completo: molti conoscono la sua capacità di
affascinare con argomenti che a prima vista possono sembrare impegnativi. Dopo
molti saggi sul novecento, Oliva ha affrontato in questo suo ultimo libro la
questione del sud-Italia durante il periodo tumultuoso del risorgimento, un
periodo storico illustrato da Renato Favaron, padre dell’organizzatore, come
introduzione alla serata e poi, come in un lungo monologo, analizzato
sapientemente dall’autore, davanti ad un pubblico silenzioso e attento.
La
sera successiva, sabato 15, è intervenuto alla rassegna Renato Liprandi; più
conosciuto come il Direttore De Marinis della caotica azienda di Camera cafè, la sit-comedy con Luca e Paolo,
ha presentato il libro autobiografico Come
diventai direttore (ed. Seneca).
“Sono
stato impiegato come disegnatore alla Lancia fino ai trent’anni, poi sono
scappato: ero un leone in gabbia e non resistevo più. Sono diventato attore di
teatro, televisione e cinema, ma l’esperienza come impiegato mi è stata
utilissima.”
La
voce è profonda, il tono affascinante: sicuramente sarebbe stato anche un
ottimo direttore in una vera azienda.
“Mi
piace interpretare personaggi diversi tra loro, anche comparse, ma in qualche
modo finisco sempre in ruoli autoritari, e non me ne dispiace. Qualche volta mi
fingo un vero poliziotto, o un medico, semplicemente indossando la divisa di
scena o il camice, e mi diverto ad osservare le persone diventare gentili,
quasi timorose nei miei confronti – ammicca verso il pubblico, - è spassoso.
Provate.”
La
serata scivola leggera tra risate e momenti più seri: “Ho perso mio padre in un
incidente quando avevo vent’anni e da allora ho dovuto cercare di cavarmela; ho
cominciato a lavorare, ma la recitazione rimaneva la mia passione”.
Piccole
e grandi parti nel Commissario Rex, in Don Matteo, in pellicole come Non ho sonno di Dario Argento, Così ridevano di Gianni Amelio o L’ultimo Crodino e ruoli importanti a
teatro: “La recitazione a teatro è completamente diversa, più difficile, perché
non si può ripetere nulla, ma molto più libera per l’interprete.”
Renato
Favaron ha preparato una sorpresa: uno spezzone del Mistero della Sacra Sindone, un documentario del 1978, anno
dell’Ostensione, con Liprandi nel ruolo sofferto di Gesù e lo stesso Favaron
dietro la macchina da presa.
Quasi
un’introduzione all’ospite della sera successiva: Pierluigi Baima Bollone, che
ha presentato, domenica 16, il libro Sindone. Storia e scienza (ed. Priuli e
Verlucca). Anche questa volta il pubblico era numeroso e partecipe, e ci sono
stati interventi interessanti, a prova che l’argomento continua ad affascinare.
Il prof. di Medicina Legale dell’università di Torino ha descritto i diversi
studi ed esperimenti che sono stati fatti sul telo funebre di Torino, che hanno
portato molte prove a dimostrazione dell’autenticità del sudario e una sola
contraria: la datazione al Carbonio 14, l’isotopo radioattivo.
“Nel
corso della storia – spiega il docente con la voce pacata di chi sa reggere una
lezione importante, - troviamo diverse testimonianze sull’effigie di Cristo su
telo e sui particolari del suo volto, e tutte conducono all’autenticità della
Sindone. Però ci sono ancora molte domande senza risposta e la strada degli
scienziati è ancora lunga.”
Di
tono decisamente meno accademico la quarta serata, che ha visto protagonista lo
scrittore Enrico Pandiani e il suo noir torinese La donna di troppo (ed. Rizzoli).
“Il
titolo evoca decisamente La donna della
domenica di Fruttero e Lucentini, ma è solo un caso?” chiede Edoardo Favaron,
interlocutore che stuzzica con le sue domande la curiosità del pubblico.
“In
realtà io volevo scostarmi dalla Torino dei due giallisti, perché non è più
quella la città in cui abito. Le vie sono cambiate, la gente è cambiata, il
clima è molto più internazionale e, soprattutto, è una città da scoprire.
Spesso conosciamo le altre città che abbiamo visitato molto più di quella che è
la nostra casa; per scrivere il mio primo romanzo torinese sono andato a
visitarne i luoghi più strani e ho scoperto luoghi meravigliosi.”
Non
è facile parlare di un giallo senza rivelare particolari che toglierebbero la
sorpresa, tanto più è difficile scegliere pagine da leggere a voce alta, ma
l’attrice Alice Bertocchi, che spesso accompagna Pandiani nelle presentazioni,
riesce egregiamente, portando i presenti nella vita caotica della protagonista
Zara Bosdaves.La mia recensione: La donna di troppo
Sergio
Pent ha concluso il ciclo di incontri con La
casa delle castagne (ed. Barbera), romanzo storico ambientato in un non
precisato paese della Valle di Susa, in cui una lettera dalla Germania spezza
la routine di una famiglia per riportarla indietro nel tempo, alle complesse vicende
storiche del periodo della Resistenza.
“I
miei personaggi – spiega Pent – sono molto reali, e il mio modo di vederli chiusi in se stessi,
talvolta incapaci di prendere decisioni difficili, è un modo di disegnare la
realtà.”
Il
mondo della montagna, della natura solitaria è lo sfondo ideale per le
riflessioni del protagonista del romanzo, legato alla sua terra e al passato.
Favaron
termina la serata e la rassegna con un ringraziamento a tutti coloro che lo
hanno aiutato e sostenuto, salutando con un “Arrivederci” alla prossima,
speriamo vicina, occasione.
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