La
scenografia è scarna: un semplice tavolo e un microfono al centro della chiesa,
posti dove solitamente c’è l’altare. Don Gianni Rege introduce con poche parole
il personaggio tanto conosciuto e temuto dalle organizzazioni malavitose di
tutta Italia:
“In
queste tre serate vogliamo che la nostra popolosa frazione ritrovi il gusto e
il piacere di incontrarsi, per questo abbiamo voluto affrontare tre tematiche
molto diverse tra loro. Venerdì scorso c’è stato il concerto del coro “Il
castello”, ovvero la bellezza la musica; venerdì prossimo, 19 luglio, ci sarà
una tavola rotonda sul possibile futuro per la montagna, ovvero la
condivisione.
Questa
sera il mio amico don Luigi ci parlerà della libertà”.
Così
il fondatore del Gruppo Abele e di Libera dà inizio ad un lungo monologo, di
frasi nette, taglienti, che non lasciano dubbi su quello che il sacerdote
considera il compito di ognuno di noi.
“La
mafia al nord non solo esiste, non solo ci sono infiltrazioni, ma è ben gestita
e ben organizzata. Notizia di oggi: in Piemonte sette arresti per ‘ndrangheta,
Bardonecchia è stato il primo comune commissariato per infiltrazione mafiosa. I
grandi investimenti sono i frutti che la mafia non esita a cogliere.
Ma
lavoro ne è stato fatto e continueremo a farlo, sempre più intenso, sempre più
accanito grazie ai giovani e alle loro energie.
Don
Gianni mi ha chiesto di parlare di Libertà, e io non posso farne a meno. I giganteschi
problemi dell’Italia di oggi sono tutti legati all’assenza di libertà. Non c’è
libertà se non c’è lavoro, se la gente è povera, se deve ricorrere all’usura. I
dati statistici riferiscono di 2.100.000 ragazzi che hanno abbandonato gli
studi e che adesso sono senza lavoro; molti ricorrono ad azioni illegali, alla
prostituzione. Ecco la perdita di libertà.
In
Italia una famiglia con un disabile ha bisogno di strumenti in più per essere
libera, così con un anziano. Ma in Italia c’è un problema di leggi, sulla
sanità, sull’istruzione, sugli aiuti.
Ed
ecco il nostro impegno: rendere libero chi non lo è.
Dio
ha voluto la libertà per tutti, senza nessun tipo di distinzione; ma non sempre
è facile per noi capire come agire. Il cristiano deve lottare per restituire la
libertà alle persone, anche rispettando chi appartiene alle altre religioni. Come
ha fato papa Francesco nella sua primissima conferenza stampa, di fronte a
seimila giornalisti. Non ha dato la benedizione, rischiando uno scandalo, ma ha
detto:
-
Ognuno di voi senta quel bisogno dentro e lo esprima in silenzio per gli altri.
–
Un
gesto fondamentale che ha travolto ed entusiasmato. A Lampedusa ha salutato i
musulmani che iniziano il Ramadan. Questa è la libertà che Dio vuole per tutti.
Si
tratta però solo del primo passo da compiere, perché subito dopo viene la
Responsabilità. Si parla spesso di legalità sui media, ma ovunque si assiste ad
un furto di parole, che vengono svuotate del loro vero significato: la legalità
di cui si parla è malleabile, adattabile alle diverse necessità di chi la
nomina e la cerca. Per fare un esempio che basta per tutti: dal 1999 l’Europa
chiede all’Italia la legge Anti-corruzione, ma l’Italia in quattordici anni,
non è stata in grado di votarla secondo i parametri necessari. Primo fra tutti
il ripristino del Falso in Bilancio.
Ecco
lo svuotamento delle parole, ed ecco perché preferisco che si parli di
Responsabilità e non di Legalità. Sono io che devo sentire se il mio comportamento
è per il bene comune, o solo per il mio interesse personale.
Il
cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. La malattia è la delega, è la
rassegnazione, è l’indifferenza. Ma noi possiamo cominciare dai piccoli gesti;
anche solo firmare una petizione, come quella che noi abbiamo portato avanti con
“Riparte il futuro”.
Solo
di oggi è la notizia che la riforma della norma sul voto di scambio è stata
approvata; l’abbiamo fortemente voluta e la Boldrini ci ha appoggiato.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/07/12/Boldrini-unita-Aula-voto-scambio_9013900.html
Carlo
Maria Martini aveva parlato della “peste” della violenza, della corruzione;
papa Francesco parla della corruzione come “putrefazione”. Sono entrambi
gesuiti e sant’Ignazio di Lojola aveva definito il male come “puzza”, “marcio”.
Il
peccato si perdona, ma la corruzione non può essere perdonata, perché è un
indurre altri in errore, è un male che si esercita attraverso l’altro, un
peccato sociale.
Attenzione
però a non esaltare le persone che portano avanti queste lotte, a non idolatrarli
senza seguirne l’esempio.
Don
Puglisi ha ricevuto la beatificazione, ma io ho paura che si releghi al
santino, all’immaginetta. Lui era un uomo pratico, di gesti validi. Quando è
stato ucciso, nella sua scrivania è stato trovato un foglio con le quattro cose
da chiedere al commissario della commissione antimafia: un ambulatorio, un
asilo, un aiuto per le donne, una scuola media. Sono cose concrete e non
spirituali; certo, la spiritualità resta tra gli obiettivi della chiesa, ma è
necessario calarsi nel mondo, tra le persone.
La
chiesa ha le sue meraviglie e le sue fragilità: in quello stesso momento c’era
un sacerdote che celebrava la messa per un superlatitante. La chiesa deve
capire che la mafia è l’esatto contrario delle beatitudini.
Tutti
noi siamo chiamati ad entrare nella storia. Cominciamo dalle nostre case, dai
nostri paesi, Coltiviamo la Speranza, che ha il volto degli esclusi; così
realizzeremo la Giustizia, l’uguaglianza dei diritti e dei doveri”.
Nessun commento:
Posta un commento