martedì 19 marzo 2013

Medici Senza Frontiere in Malawi

La nuovissima sede del C.A.I. Coazze ha ospitato, nella sera di sabato 23 febbraio, una proiezione di fotografie un po’ diverse dal solito. I panorami di montagne innevate, le distese bianche dei ghiacciai o le pareti di roccia che solitamente fanno da sfondo alle gite e alle avventure più consuete, hanno lasciato il posto alle distese d’acqua del grande lago Malawi, alle pianure e ai villaggi vicini a Cheradzulu, meta di una missione di Medici Senza Frontiere.
Nella sala in fresco legno chiaro, affacciata con enormi vetrate sulla palestra di arrampicata, si è radunato un pubblico decisamente numeroso; presentavano la serata Luisa Carnino, membro dell’associazione MSF da due anni, e Matteo Usseglio, con un reportage sul suo viaggio in Malawi. Con l’esperienza delle diverse missioni effettuate negli scorsi mesi, ad Haiti per un’epidemia di colera, nella repubblica Democratica del Congo ad assistere i rifugiati, la dottoressa Carnino spiega questo ultimo lungo incarico in Malawi:
- Le missioni di Medici Senza Frontiere sono solitamente finalizzate alla risoluzione di una emergenza, risolta o perlomeno attenuata la quale, viene chiusa la missione. Il Malawi fa eccezione, infatti noi di MSF ci alterniamo da dieci anni a Chiradzulu, per un mandato a lungo, lunghissimo termine, che ha come scopo la cura dell’HIV. –
A differenza del Ciad o del Congo, o di molti altri paesi del continente africano,  il Malawi è un paese di pace, che non ha mai avuto guerre, in cui la vita scorre tranquilla. Ciò non significa che non ci sia povertà, ma la principale causa di morte non è la fame, bensì l’AIDS.  
- Ci occupavamo di trentamila pazienti, cioè un numero immenso, sparsi in una regione grande come la valle di Susa. Per questo ogni mattina partivamo con le Land Rover su cui c’era una psicologa, una infermiera e alcuni aiuto-medici – spiega Luisa mentre le foto scorrono sullo schermo. - I medici nel paese non ci sono, il mio compito, infatti, era fare formazione, insegnare loro i metodi di cura e di prevenzione. Andavamo nei vari villaggi a distribuire farmaci e fare i prelievi per le analisi; poi ci si ritrovava la sera a discutere i casi difficili, per capire quali erano i punti su cui si sentivano meno sicuri. –
Nel centro di MSF, oltre a preparare i farmaci, si raccolgono i dati relativi alla malattia e ai pazienti, ad esempio se assumono regolarmente i farmaci, qual è il tasso di mortalità; molto importanti sono i dati relativi alle donne in gravidanza: se una donna è incinta deve sapere come fare per far nascere sano il bambino.
- Nei momenti di pausa eravamo molto liberi; contrariamente ad altre missioni, in cui non si poteva uscire dal centro medico perché pericoloso, in Malawi potevo andare a fare passeggiate, visitare il paese, conoscere gente. –
E’ il lato più umano, e forse il più affascinante, delle missioni. Sullo schermo appare una serie di foto vivaci, con banchi di frutta, ragazzini sorridenti:
- Davanti all’ambulatorio si improvvisano dei mercati; eravamo sempre ben accolti, proprio perché è un paese sereno. In altri paesi eravamo osteggiati, magari per motivi religiosi, o per la presenza di militari. Un evento importantissimo è stata la festa per i dieci anni di trattamento – commenta la dott. Carnino tradendo una certa emozione.
-  C’erano pazienti in cura da dieci anni che stavano molto bene; hanno combattuto una lunghissima lotta per arrivare fino a lì, sani e felici. -
Quando l’AIDS è scoppiato negli USA, nel 1983 a san Francisco nella comunità gay, arrivava in realtà dall’Africa, dove nessuno però lo aveva diagnosticato. Si è trasformato ben presto in un’epidemia mondiale, ma l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) decise che l’Africa non avesse diritto ai farmaci retro-virali; poiché vanno assunti due volte al giorno, e in Africa le persone non possiedono orologi, non hanno l’elettricità né acqua, si pensava che una cura così precisa fosse al di sopra delle loro possibilità. Questo perché, in caso di mancata assunzione, i farmaci perdono la loro efficacia, e si sviluppano resistenze al virus, causando un grosso pericolo per tutti.
MSF si è battuto per fare avere i farmaci anche in Africa, aiutati dall’impegno degli stessi abitanti, che si regolano con il sole per la cura.
- La lotta per i farmaci in Africa è ancora in corso, sia da parte di Medici Senza Frontiere che altre associazioni. Le restrizioni della cura, che non abbiamo nel mondo occidentale, sono ancora attive in Africa. Inoltre c’è la vergogna dei malati, che una volta venivano allontanati dal villaggi, o addirittura uccisi. Adesso si sono creati gruppi per i pazienti, finalmente accettati e aiutati dalla società. –
Le donne che si fanno visitare e curare sono molte più degli uomini; in Malawi le donne sono fondamentali nella società: la presidentessa è una donna ed è uno dei pochi stati al mondo. Le capo villaggio sono donne, che si occupano dell’economia e hanno in mano le redini della famiglia; vengono infettate dai loro uomini, che hanno costumi sessuali poco rigidi, ma che non si fanno curare.
Un paese in trasformazione, dunque, con moltissime potenzialità, prima fra tutte il turismo.
- Non è stato un viaggetto semplice – racconta Matteo Usseglio, prendendo la parola nella presentazione. – Dopo un viaggio lunghissimo, durante il quale mi hanno anche perso il bagaglio, sono arrivato al lago nelle ore buie della notte. Ma il mattino, davanti alla mia finestra, si è presentato un panorama emozionante, e ho pensato che ne valeva davvero la pena. –
Specchi d’acqua a perdita d’occhio, animali liberi, alberi giganteschi; e soprattutto gente serena pronta ad aiutare chiunque: una speranza per il Malawi e per l’Africa stessa.   
 
Pubblicato su La Valsusa di giovedì 7 marzo 2013
 
 
Il 19 aprile, sul settimanale Sette del Corriere della Sera, è uscito questo reportage dal Malawi di Ettore Mo. Purtroppo sul sito non compaiono le fotografie che fanno vivere le parole del grande giornalista, ma ne consiglio vivamente la lettura.
 
 
 

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