Quando
seppi della morte di Michael Crichton ne rimasi molto colpita e amareggiata. E’ sempre un dispiacere la scomparsa di un
uomo di sessantasei anni, soprattutto dopo la sofferenza di un cancro, anche se
la persona in questione non è un nostro amico e neppure un conoscente. Ma nel
suo caso sentivo un legame, non giustificato da conoscenza diretta, eppure
forte. Le sere passate in compagnia dei suoi romanzi, la curiosità che mi
mettevano le sue trame, il desiderio di conoscere che le spiegazioni scientifiche
dei suoi intrecci mi scaturivano, lo avevano trasformato, da semplice, freddo
autore, a compagno di piacevoli conversazioni, non meno coinvolgenti perché
immaginate.
Una
lezione che tutti dobbiamo imparare dalla vita è che nessuno è indispensabile,
certo; ma che qualcuno sia così unico da
lasciare un vuoto alle sue spalle è altrettanto sicuro.

Quando
lo scrittore Richard Preston venne
contattato dall’agente di Crichton per completare il suo romanzo, fu avvinto
dalla trama e, nonostante alcune perplessità, accettò. Ma durante la stesura fu
coinvolto a tal punto da non riuscire egli stesso a definire ora quante delle
pagine, che compongono il libro, siano sue e quante da attribuire al grande
autore che ammirava. E lo stesso avviene adesso al lettore.
-
Le parole da lui scritte – spiega Preston in un’intervista a “USA Today”, -
sono quelle di un uomo geniale, in corsa contro la morte. –
Un
uomo dalla mille idee, che sapeva di dover rinunciare ad un progetto, ma che ha
lasciato appunti a sufficienza perché qualcun altro lo raccogliesse.
Preston
ha affrontato quel compito.

Lo
scienziato affretta invece la partenza, ma al suo arrivo riceverà una brutta
notizia: suo fratello è morto in un incidente. Cominciano le indagini, ma ben
presto i ragazzi si ritrovano nella fabbrica di nano robot, e loro stessi protagonisti
di un rimpicciolimento mostruoso.
Un
“Jurassic Park” al microscopio, che farà rimpiangere agli appassionati il
prossimo libro di questo autore, che non uscirà.
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