mercoledì 28 gennaio 2015

Antonio Manzini, Non è stagione, Sellerio

Sembra che la neve non riesca a stare lontana da Rocco Schiavone; da quando è arrivato ad Aosta nove mesi prima, o meglio, da quando è stato spinto fin lassù come punizione per aver interpretato la legge in modo un po’ troppo creativo, ancora non è iniziata la bella stagione.
Eppure siamo a maggio e i fiori sono finalmente sbucati nei prati, coccolati da tiepidi raggi di sole. Peccato, però, che stia di nuovo piovendo.

E infatti la “pioggia assassina”, come titolerebbe un quotidiano di facile approccio, ha già provocato due morti: due sciagurati, su un furgone non proprio appena uscito di fabbrica, si sono schiantati contro un albero. Un incidente liscio liscio: gomma esplosa e fine della corsa.
Perché dunque scomodare il vicequestore di Aosta? Una semplice targa rubata non dovrebbe essere un caso difficile, perlomeno non un caso da rottura di coglioni di alto livello, eppure, se i due cadaveri hanno deciso di rischiare il carcere, ci sarà un valido e fastidioso motivo.
Rocco, con il suo solito umore nero, peggiorato da una relazione decisamente complicata, inizia le indagini e si trova invischiato in un caso destinato a togliergli la serenità. Perché nel frattempo una ragazza è sparita, non la si è più vista dalla sera in cui è uscita con il suo ragazzo e una coppia di amici. 
Mentre sulla cittadina cade una straordinaria neve fuori stagione, Rocco cerca di individuare una pista tra autopsie, interrogatori e strambe testimonianze, annusando nell'aria odore di malavita organizzata. Distruggendo altre paia di Clarks, segue uno strambo percorso tra ville di ricchi industriali, appartamenti lussuosi e tuguri stracolmi di ciarpame; visita pizzerie “veraci”, negozi di abiti per bambini e scuole, seguendo un itinerario improbabile che sembra fatto apposta per fargli perdere la pazienza.

Con lo stile che ci ha fatto conoscere e apprezzare in Pista nera e nella Costola di Adamo,  fatto di dialoghi brillanti, riflessioni profonde e liriche, narrazioni coinvolgenti, Manzini ci permette di conoscere un po' di più la complessa personalità di Schiavone, poliziotto dal passato devastante. La trama del romanzo è così ben orchestrata da non mostrarsi al lettore, troppo intento a correre verso il finale, se non ad una seconda riflessione. Il filo narrativo si dipana giocando con le sottotrame fin dal triplice, coinvolgente inizio.
Un romanzo assolutamente da non perdere.

venerdì 12 dicembre 2014

Bruno Gambarotta, Ombra di giraffa, Garzanti

Dopo il funerale del loro vecchio collega Felice Chiapasso, i suoi cinque amici si trovano al bar Elena di Piazza Vittorio per qualche rievocazione e un po’ di sospiri. Tra un battibecco e un amarcord, si insinua l’amarezza: nessuno dei capi RAI è intervenuto alla funzione.
Non si può lasciar passare questo gesto, bisogna far qualcosa perché non ci si dimentichi di Ombra di giraffa e della sua bravura come tecnico.
Guarda caso proprio l’indomani ci sarà un convegno sulle nuove frontiere della fiction, con tutti i capi schierati: un’ottima occasione per ricordare a tutti i presenti che ogni impiegato ha fatto grande la RAI, anche i tecnici. Niente di scandaloso o di illegale, basteranno dei telegrammi commemorativi. Basteranno se inviati da qualcuno di importante e non certo da semplici impiegati, anche se “seniores”, magari firmati da registi RAI. Già, e se poi i registi si lamentano? Se scattasse qualche denuncia? Nessuna denuncia, se i registi sono già belli defunti.
Il trucco funziona: durante il convegno i telegrammi vengono letti a voce alta da una impiegata tanto solerte quanto ignorante da non accorgersi che i registi non lavorano più (e non respirano più) da tempo. Ombra di giraffa ha il tributo che si meritava.
Meno facile è ingannare la giornalista Alessandra Comazzi, che invece ha immediatamente scoperto il trucco e si chiede, sulle pagine della Stampa, se non si tratti di uno stratagemma per pubblicizzare l’uscita di una fiction sul mondo della RAI. Il dottor Dell’Angelo, neodirettore di RAI fiction, decide di cavalcare l’onda e di annunciare l’uscita di Ombra di giraffa, serie mai girata e che mai lo sarà; per cui organizza immediatamente una teleconferenza e si precipita, dal suo albergo, agli studi RAI di via Verdi., a bordo di un auto che è venuta inaspettatamente a prenderlo. Ma l’autista non lo accompagnerà alla sede della RAI Torino, bensì al museo di arte orientale.
Da qui la trama si snoda lungo una traccia ricca di divagazioni, in uno sviluppo che ho osato definire “a matriosca”, con racconti nel racconto, con sottotrame ed episodi collaterali che arricchiscono e divertono.
Gambarotta gioca con se stesso e con i suoi ricordi, intrufolandosi tra le pagine del romanzo, per fare l’occhiolino al lettore.

sabato 29 novembre 2014

Alessandro Perissinotto, Coordinate d'oriente, PIEMME

 “Al giorno d’oggi, anche chi si iscrive alle facoltà umanistiche ha progetti da ingegnere”.
A pensarla così è il narratore di Coordinate d’oriente, docente universitario disincantato che conosce le aspirazioni economiche e per niente artistiche dei suoi studenti; per questo tenta di avvicinarli alla letteratura conciliando racconto e marketing, biografia e imprenditorialità.
Così, quando dice ai suoi studenti: «Armatevi di registratore e andate ad intervistare qualcuno che abbia un’esperienza lavorativa interessante», sa che non deve aspettarsi nulla di straordinario: una ricerca sociale, niente più. Eppure nel profondo spera che essi diventino “portatori di storie”.
Alla fine del corso i ragazzi sfilano a depositare le loro interviste sotto i suoi occhi distratti, in quella che gli appare come un’unica massa omogenea. Invece, quando l’aula si è ormai svuotata, sulla cattedra, tra i magri elaborati, è apparso uno spesso plico di fogli, in cui si racconta la strana e coinvolgente esperienza di Pietro Fogliatti, imprenditore illuminato.
Qui comincia la caccia al tesoro che il narratore, alter ego di Perissinotto stesso, fa compiere al lettore. Tra salti temporali rapidi, flashback e spostamenti di scena, entriamo nella vita del protagonista, un uomo generoso, forse un sognatore, che con i suoi sogni avrebbe potuto essere felice.
Ma forse la GS non è solo un sogno, è un progetto: un auto elettrica, che raggiunge i 120 chilometri orari e che possiede un’autonomia mai sperimentata in precedenza. Dopo un tentativo fallito di proporla ad un’industria torinese, il progetto piace a due giovani rampanti californiani e viene creata la Nazca China.
Pietro va a Shangai, senza rimpianti per quel che lascia, forse senza nemmeno troppe aspettative, non fosse per la GS. La metropoli delle contraddizioni, con le sue tradizioni radicate e le futuristiche innovazioni tecnologiche, lo accoglie nel suo abbraccio di smog e indifferenza, riservandosi però di sorprenderlo.

Perissinotto si incarica di raccontarci la storia di Pietro Fogliatti assumendo il ruolo di narratore in prima persona, ma coinvolgendoci nell’alternanza dei punti di vista. La singolare vicenda del protagonista, raccolta come testimonianza dalla studentessa misteriosa, ci è esposta dall’autore stesso, ma le tre voci si fondono in un amalgama avvolgente e ricco.
Il nostro compito di lettore è raccogliere gli indizi sparsi sul protagonista e sui tanti personaggi che lo affiancano, ricostruendo una trama complessa, sbriciolata in episodi talvolta brevissimi, che pian piano ci accompagnano nel fulcro della narrazione: i sottili e qualche volta invisibili fenomeni sociali che lentamente ma con tenacia rischiano di cambiare il mondo.

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