venerdì 5 luglio 2013

LIbri in valigia


La sera di venerdì 14 giugno ha avuto inizio la rassegna letteraria Libri in valigia. Organizzata da Edoardo Favaron, volontario del Cinema Teatro San Lorenzo, è alla sua seconda edizione, ma dato il successo riscosso, potrebbe diventare un evento fisso dell’estate giavenese.
La prima sera è stato ospite della rassegna lo scrittore Gianni Oliva, con il suo ultimo saggio storico Un regno che è stato grande (ed. Mondadori). Autore molto conosciuto in tutta Italia, è di casa in Val Sangone, date le sue origini coazzesi, ma non è questo il solo motivo per cui la sala era al completo: molti conoscono la sua capacità di affascinare con argomenti che a prima vista possono sembrare impegnativi. Dopo molti saggi sul novecento, Oliva ha affrontato in questo suo ultimo libro la questione del sud-Italia durante il periodo tumultuoso del risorgimento, un periodo storico illustrato da Renato Favaron, padre dell’organizzatore, come introduzione alla serata e poi, come in un lungo monologo, analizzato sapientemente dall’autore, davanti ad un pubblico silenzioso e attento.
 
La sera successiva, sabato 15, è intervenuto alla rassegna Renato Liprandi; più conosciuto come il Direttore De Marinis della caotica azienda di Camera cafè, la sit-comedy con Luca e Paolo, ha presentato il libro autobiografico Come diventai direttore (ed. Seneca).
“Sono stato impiegato come disegnatore alla Lancia fino ai trent’anni, poi sono scappato: ero un leone in gabbia e non resistevo più. Sono diventato attore di teatro, televisione e cinema, ma l’esperienza come impiegato mi è stata utilissima.”
La voce è profonda, il tono affascinante: sicuramente sarebbe stato anche un ottimo direttore in una vera azienda.
“Mi piace interpretare personaggi diversi tra loro, anche comparse, ma in qualche modo finisco sempre in ruoli autoritari, e non me ne dispiace. Qualche volta mi fingo un vero poliziotto, o un medico, semplicemente indossando la divisa di scena o il camice, e mi diverto ad osservare le persone diventare gentili, quasi timorose nei miei confronti – ammicca verso il pubblico, - è spassoso. Provate.”
La serata scivola leggera tra risate e momenti più seri: “Ho perso mio padre in un incidente quando avevo vent’anni e da allora ho dovuto cercare di cavarmela; ho cominciato a lavorare, ma la recitazione rimaneva la mia passione”.
Piccole e grandi parti nel Commissario Rex, in Don Matteo, in pellicole come Non ho sonno di Dario Argento, Così ridevano di Gianni Amelio o L’ultimo Crodino e ruoli importanti a teatro: “La recitazione a teatro è completamente diversa, più difficile, perché non si può ripetere nulla, ma molto più libera per l’interprete.”
Renato Favaron ha preparato una sorpresa: uno spezzone del Mistero della Sacra Sindone, un documentario del 1978, anno dell’Ostensione, con Liprandi nel ruolo sofferto di Gesù e lo stesso Favaron dietro la macchina da presa.
 
Quasi un’introduzione all’ospite della sera successiva: Pierluigi Baima Bollone, che ha presentato, domenica 16,  il libro Sindone. Storia e scienza (ed. Priuli e Verlucca). Anche questa volta il pubblico era numeroso e partecipe, e ci sono stati interventi interessanti, a prova che l’argomento continua ad affascinare. Il prof. di Medicina Legale dell’università di Torino ha descritto i diversi studi ed esperimenti che sono stati fatti sul telo funebre di Torino, che hanno portato molte prove a dimostrazione dell’autenticità del sudario e una sola contraria: la datazione al Carbonio 14, l’isotopo radioattivo.
“Nel corso della storia – spiega il docente con la voce pacata di chi sa reggere una lezione importante, - troviamo diverse testimonianze sull’effigie di Cristo su telo e sui particolari del suo volto, e tutte conducono all’autenticità della Sindone. Però ci sono ancora molte domande senza risposta e la strada degli scienziati è ancora lunga.”

Di tono decisamente meno accademico la quarta serata, che ha visto protagonista lo scrittore Enrico Pandiani e il suo noir torinese La donna di troppo (ed. Rizzoli).
“Il titolo evoca decisamente La donna della domenica di Fruttero e Lucentini, ma è solo un caso?” chiede Edoardo Favaron, interlocutore che stuzzica con le sue domande la curiosità del pubblico.
“In realtà io volevo scostarmi dalla Torino dei due giallisti, perché non è più quella la città in cui abito. Le vie sono cambiate, la gente è cambiata, il clima è molto più internazionale e, soprattutto, è una città da scoprire. Spesso conosciamo le altre città che abbiamo visitato molto più di quella che è la nostra casa; per scrivere il mio primo romanzo torinese sono andato a visitarne i luoghi più strani e ho scoperto luoghi meravigliosi.”
Non è facile parlare di un giallo senza rivelare particolari che toglierebbero la sorpresa, tanto più è difficile scegliere pagine da leggere a voce alta, ma l’attrice Alice Bertocchi, che spesso accompagna Pandiani nelle presentazioni, riesce egregiamente, portando i presenti nella vita caotica della protagonista Zara Bosdaves.
                                                                                                  La mia recensione:  La donna di troppo
 
 
Sergio Pent ha concluso il ciclo di incontri con La casa delle castagne (ed. Barbera), romanzo storico ambientato in un non precisato paese della Valle di Susa, in cui una lettera dalla Germania spezza la routine di una famiglia per riportarla indietro nel tempo, alle complesse vicende storiche del periodo della Resistenza.
“I miei personaggi – spiega Pent – sono molto reali, e il  mio modo di vederli chiusi in se stessi, talvolta incapaci di prendere decisioni difficili, è un modo di disegnare la realtà.”
Il mondo della montagna, della natura solitaria è lo sfondo ideale per le riflessioni del protagonista del romanzo, legato alla sua terra e al passato.
Favaron termina la serata e la rassegna con un ringraziamento a tutti coloro che lo hanno aiutato e sostenuto, salutando con un “Arrivederci” alla prossima, speriamo vicina, occasione.

 La mia recensione:  La casa delle castagne

 

 

 

 

 

 

giovedì 20 giugno 2013

Edoardo Favaron, Il cinema di Uwe Boll, Universitalia


Incontro Edoardo Favaron in un calmo sabato pomeriggio, a un mese dalla pubblicazione del suo libro Il cinema di Uwe Boll. Lo chiamavano il regista peggiore del mondo, Universitalia edizioni.
Ventisettenne di Giaveno, attivo da dieci anni come volontario al cinema teatro San Lorenzo, si occupa di spettacolo in ogni momento del suo poco tempo libero; scrive recensioni per un sito specializzato, gira cortometraggi e, appena può, se la svigna ad un festival.
”Quando ho inviato il manoscritto, mi hanno risposto tre case editrici – mi spiega tranquillo, davanti ad un caffè, - e ho potuto scegliere quella che mi convinceva di più. In effetti già con la prima tiratura di millecinquecento copie mi sta dando soddisfazioni, l’editore mi segue con attenzione, e la distribuzione funziona. Il mio libro lo si può trovare nelle librerie della zona e anche in tutte le libreria specializzate d’Italia.”
Il cinema di Uwe Boll è un saggio sull’opera di questo originalissimo regista, che si è dedicato per tutta la carriera a pellicole cosiddette “di serie B”, ovvero di quel cinema che punta agli effetti visivi, a scatenare emozioni e che, pur avendo talvolta anche nomi famosi tra gli interpreti, non passa nelle sale cinematografiche, per arrivare direttamente alla distribuzione in Dvd o Blu-ray.
“E’ un regista che seguo da anni, che ho cominciato a scoprire perché ero incuriosito dalle critiche feroci che riceveva. Avevo visto alcuni dei film usciti in Italia: House of the dead, In the name of the king, e mi erano piaciuti, ma io sono un amante dei film di serie B - ammette con un sorriso. – Comunque, nonostante i suoi gesti spettacolari e un po’ furbeschi, come sfidare ad un incontro di boxe i critici che lo avevano denigrato, o invitare ad una raccolta firme per fargli cessare la carriera, è un artista che ha saputo evolversi e crescere.”
L’approccio iniziale è stato quello dei videogame, che lo hanno ispirato e continuano a fornirgli soggetti per le pellicole, ma negli ultimi tempi Uwe Boll si è dedicato anche a documentari destinati ad un pubblico ben diverso. Il disagio adolescenziale, l’attacco al consumismo, la tragedia del Darfur, sono temi che ben si discostano dagli action-movies adolescenziali.
“Il suo documentario su Auschwitz, presentato al festival di Berlino, è stato massacrato dalla critica e eliminato dal festival – spiega Edoardo, - e adesso è quasi impossibile vederlo. Io ci sono riuscito e ho capito il perché: non toglie niente della crudezza e spietatezza di quel campo di concentramento. E’ ovvio che non sia piaciuto ai tedeschi.”
Eppure è un tedesco anche lui, nonostante abiti negli Stati Uniti da molti anni: forse per questo il suo punto di vista è ancora più scomodo.
Favaron continua a raccontare di come lo ha incontrato a Cannes, della sua intervista via Skype e di come lo stesso Boll si sia dimostrato entusiasta all’idea di un saggio dedicato a lui e alla sua arte.
“La passione per il cinema mi è stata trasmessa da mia mamma e da mio nonno, ed è cresciuta negli anni – dice come spiegazione. -  In quinta superiore ho avuto la fortuna di vincere il premio Grinzane Cavour Scuola, con una recensione sul Torino Horror Film Fest. Da lì, la scelta della facoltà universitaria e la laurea in Rappresentazione Audiovisiva e Multimediale sono state una continuazione quasi necessaria.”
Come l’amore per la scrittura, aggiungo io. Racconti, recensioni cinematografiche, sceneggiature per cortometraggi poi presentati ai Festival di Torino, l’attività di Edoardo prosegue nel corso degli anni. E adesso il libro, non come conclusione, ma come inizio.
Seduti ad un tavolino rotondo sotto i portici, continuiamo a parlare, di cinema, di libri, di progetti e, complice un acquazzone improvviso, mi sembra di essere a Parigi. Quasi mi stupisco di non indossare un dolcevita nero e di non tenere fra le dita una Gauloise.
 
Edoardo Favaron presenterà Il cinema di Uwe Boll
ad Avigliana,
alla Casa dei Libri, giovedì 27 giugno alle ore 21.

Favaron è stato ospite del Fantafestival di Villa Borghese a Roma, giovedì 13 giugno e al Treff di Giaveno la sera del 14 giugno, per Il salotto di Mao.
 
Il trailer di House of the dead:

 

 

mercoledì 12 giugno 2013

Enrico Pandiani, La donna di troppo, Rizzoli


 
 
Piazza san Lorenzo prepara l'arrivo di Pandiani a Giaveno
  I portici di piazza Vittorio sono illuminati da una luce geometrica, che li accarezza con ombre regolari; Bosdaves si gode la vista verso la Gran Madre, facendo una tardiva colazione, prima di recarsi nel suo ufficio. Si rende conto che spiare coppie clandestine non può essere considerato tra i mestieri più dignitosi, ma quando non ci sono intoppi si può tirar fuori qualcosa di buono. Forse quando era in Polizia poteva sentirsi più meritevole, e magari evitare qualche senso di colpa; ma la libertà di potersi scegliere i casi, di poter usare l’intuito come uno strumento di lavoro, e soprattutto di essere padroni di se stessi, sono un piacere irrinunciabile.
Si alza dal tavolino, incamminandosi senza fretta verso il suo ufficio, quando uno schianto di lamiere, seguito da clacson e grida, sconvolge i passanti, che subito si accalcano in quella direzione. Bosdaves segue la folla curiosa e sgomitante: un’auto di lusso è capovolta nel fiume.
Mentre nell’aria comincia a spandersi il sibilo delle sirene, Bosdaves si allontana: meglio non farsi coinvolgere da problemi di cui non vale la pena occuparsi. Si infila nel palazzo di via Napione, sale le scale e attraversa la porta a vetri con la scritta “Investigazioni private”, dove Pietro Bona, segretario giovane ed efficiente, sta aspettando notizie. E anche qualche cliente, dato che, a quanto pare, non è che il lavoro li stia sommergendo; anzi, forse non si dovrebbe rifiutare neanche la semplice consulenza che quello scrittore ha chiesto, offrendosi di pagare la tariffa intera.Non è così che si immaginava le sue giornate a Torino, questa città che ancora deve imparare a conoscere, con le sue vie dritte e regolari, con la sua vita notturna così variegata. Quello che ci vorrebbe davvero è un bel caso complicato, dove poter dimostrare appieno l’abilità acquisita. Ci vorrebbe un cliente imprevisto, con una richiesta particolare; forse come questa elegante signora che ora entra nel suo ufficio e che si presenta con l’aura sofisticata della Torino-bene, la Torino degli industriali, dei circoli esclusivi, delle residenze lussuose.
E del denaro facile.
 
 
Enrico Pandiani è stato con noi alla rassegna
Libri in valigia lunedì 17 giugno,
a Giaveno
 


 
 
 

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